JOHNNY CASH (Live at Montreaux 1994) DVD
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  Recensione del  13/05/2005
    

Il 1994 è l'anno della rinascita, discograficamente parlando, di Johnny Cash. L'anno in cui Rick Rubin lo cava fuori dalla quotidianità, gli mette in mano una chitarra e lo registra nudo e crudo. American Recordings ridà vigore alla figura dell'uomo in nero e lo presenta alle nuove generazioni, quasi fosse un giovane cantautore. Rubin aveva capito tutto, Cash aveva ancora molto da spendere ed aveva due cose che ben pochi altri musicisti possedevano: una voce formidabile ed una conoscenza della musica vastissima. American Recordings diventa una pietra migliare degli anni novanta, un classico disco da isola deserta.
E Cash ritorna quello di trenta anni prima. E non è un caso che il Festival di Montreux, sempre molto attento ai nuovi fermenti, ai musicisti emergenti, alle sensazioni del momento, metta in cartello una performance di Cash. Un concerto di musica country nel tempio del jazz e, in parte, del rock. Cash, vestito di nero, entra sul palco della sala Stravinsky, stipata in ogni ordine di posti e, senza molti preamboli, canta per oltre un'ora, accompagnato da una band collaudata: il mitico batterista W.S. Holland, con lui da sempre, il chitarrista (con classico giubbotto di pelle) Bob Wootton, il bassista (basso acustico) Dave Roe ed il figlio John Carter Cash alla chitarra ritmica e, saltuariamente, voce. Cash, voce stentorea, parte con Folsom Prison Blues, doppia con Get Rhythm e infila una serie di classici cantando in scioltezza: Sunday Morning Comin Down, una brillante Ring of Fire, l'ultraclassica I Walk the Line, la splendida Guess Things Happen That Way, il classico western Ghost Riders in the Sky.
Poi lascia uscire i suoi musicisti e, solo sul palco, inizia una sequenza voce e chitarra da pelle d'oca. È la sua presentazione di American Recordings dal vivo, una delle prime (il disco era uscito a fine Aprile, mentre questa performance a Montreux è dei primi di Luglio). Inizia con Delia, e la magia copre l'intera sala, la gente diventa muta, non si sente volare una mosca. Delia è pura emozione, ma anche le canzoni seguenti toccano il cuore: Tennessee Stud, Bird on a Wire (di Leonard Cohen), Let The Train Blow The Whistle, The Beast in Me e Redemption. Una sequenza splendida che conferma Cash grande interprete, dotato di una voce straordinaria.
Poi il gruppo rientra e attacca con un altro classico: Big River. June Carter fa la sua apparizione per il famoso duetto con Johnny: Jackson, che è stato anche un successo nei sessanta. Quindi interpreta da solista Will the Circle Be Unbroken che sua madre, Maybelle Carter, ed il suo gruppo, la Carter Family, avevano reso celebre sessanta anni prima. Altro momento di grande emozione. Finale incandescente con una versione tutta ritmo e feeling del noto brano bluegrass Orange Blossom Special, dove Johnny con l'armonica fa la parte del fiddle. Poi l'apoteosi con San Quentin e la chiusura con la meno nota, ma non meno bella, The Next Time I'm In Town.