È probabile che già lo sappiate ma è bene comunque sgombrare nuovamente il campo da ogni possibile equivoco: i BSOJC non sono figli illegittimi dell'"Uomo In Nero" ma è altrettanto chiaro che, scegliendo di chiamarsi così, hanno già in qualche modo voluto dare un'indicazione circa i loro orientamenti musicali, le influenze, il loro possibile stile.
Il gruppo californiano a dire il vero ha debuttato con un lavoro intitolato
Walk Alone che sembrava piuttosto indebitato verso il sound di Bakersfield, ma che è considerato oggi dagli stessi musicisti poco più che una raccolta di demo, registrati per altro in un lungo arco di tempo e da formazioni piuttosto differenti. Nel frattempo però i BSOJC hanno assestato l'organico in un quartetto più stabile di cui ne sono parte
Mark Stuart (voce e chitarra acustica),
Deane Cote (chitarre),
Clark Stayer (basso) e
Joey Galvan (batteria) e ciò ha probabilmente consentito loro di definire più compiutamente la propria formula musicale; ma soprattutto il leader
Mark Stuart, che è pure il principale se non l'unico responsabile del reparto compositivo, ha senz'altro affinato la sua penna, sviluppando meglio le proprie capacità come autore ed incorporando altri stili, soprattutto folk, country ed una buona dose di rock.
Il risultato è che questo
Distance Between appare come un lavoro estremamente compatto ed omogeneo, merito anche dell'attenta produzione, affidata alle mani esperte di
Mark Howard che, lavorando a lungo in passato come tecnico del suono a fianco di Daniel Lanois, ha preso parte alle registrazioni recenti di grossi nomi come U2, Emmilou Harris, Bob Dylan nonché agli stessi due lavori personali del genio canadese.
Le possibili incertezze dell'esordio si sono così trasformate in una forma di roots-rock molto affilato, dinamico e persino moderno che in
Dance Between assume pertanto connotati decisamente personali e distinguibili. L'album è quasi per intero frutto degli sforzi compositivi di Mark Stuart che ha firmato da solo tutte le canzoni, con l'eccezione di
When I Found You alla cui stesura ha contribuito l'altro chitarrista. C'è inoltre una cover, quella di un classico del calibro di
Long Black Veil (in cui compare uno dei pochi ospiti,
Billy Bob Thornton ma ci sono anche Greg Leisz alla steel guitar e Brett Tuggle all'organo in un paio di tracce) che suona come una sorta di omaggio a Johnny Cash da cui è stata appresa; sostiene infatti a tal proposito Stuart: "
Cash ha fatto per Long Black Veil quel che Jimi Hendrix ha fatto per All Along The Watchtower. Questa canzone è sempre stata vicina al mio cuore; avevo bisogno di cantarla per esorcizzare i demoni".
Questa traccia apparirà forse a molti come uno dei momenti più luccicanti del CD, e d'altronde la versione dei BSOJC è decisamente notevole, ma le canzoni di Stuart non sfigurano per niente ad un tale cospetto e s'impongono anzi per la forza delle liriche e l'immediatezza delle melodie: ci sono momenti più vibranti e accesi, come
Burn Down, l'iniziale
1970 Montecarlo (è il nome di un'auto) e la splendida title track, ma anche un paio di episodi dal sapore più schiettamente country (
Where I Found You e
Marta Lights) ed alcune ballate di grande intensità, come la commovente
Last Goodbye e la conclusiva
Beautiful Cage, in cui meglio risalta la voce del leader.
Mark Stuart infatti non è solo un buon compositore ma pure un ottimo cantante - con un timbro che pare talvolta evocare uno Springsteen senza ruvidità, semmai più raffinato - e in
Distance Between è riuscito ad imprimere il marchio del suo crescente talento facendone un lavoro veramente superbo e pertanto vivamente consigliato.