Questa volta l'appuntamento è con un album nuovo di zecca,
Get A Life, scritto, prodotto e suonato in gran parte dallo stesso Doug, che compare sulle note di copertina utilizzando tutti quegli pseudonimi che in 30 anni e più di carriera, gli sono serviti per titolare album e canzoni storiche. Ritroviamo così
Doug Saldana, Shawn Sahm, Sir Doug e il recente
Texas Tornado, che meglio di ogni altro, definisce la incontenibile vitalità del nostro amico, alternarsi a tutti i tipi di chitarre, dobro, steel, violino, tastiere, percussioni, facendosi aiutare dall'amico di sempre Augie Myers nonché da molti musicisti comparsi nelle varie band di
Doug Sahm. Nelle premesse un appuntamento imperdibile, nella realtà un'occasione mancata, un clamoroso flop che lascia l'amaro in bocca.
Get A Life al primo ascolto già insinua il dubbio di un lavoro fatto e finito solo per onore di firma in calce ad un contratto, del tutto privo di feeling ma ricco di monotonia e ripetitività. Se il paragone con le grandi orchestre popolari alla Casadei è sempre parso irriverente, qui calza alla perfezione, ma manca il divertimento e la voglia di ballare del nostro folklore, che invece
Doug Sahm ha sempre saputo reinterpretare in chiave ironica ed intelligente, in equilibrio fra roots e rock ricchi di riferimenti popolari gioiosi ma mai banali o irridenti una tradizione alla quale comunque non si può evitare di riferirsi, soprattutto quando si vive 'on the border'.
Ad eccezione delle due belle covers di
On Bended Knee di Bobby Charles e di
St. Olav's Gate di Tom Russell, tutto il resto sembra affogare in una melmosa palude dalla quale si cerca di uscire disperatamente, dibattendosi ed affondando sempre di più in un mare di deja vù.