SUGARFOOT (Take a Picture)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Alcuni mesi fa la nota rivista Musician ha fatto una classifica delle dieci migliori band americane ancora senza contratto. Si tratta di una classifica che viene fatta annualmente. I Sugarfoot erano nei dieci. Il gruppo esiste dal 1993, fa base a Milwaukee e, in tutti questi anni, si è conquistato una bella serie di fans. Hanno esordito con l'Ep Madeira che ha riscosso il plauso della stampa di mezza America: è stato nominato su Billboard e su Muscian e molti critici lo hanno messo nelle liste di fine anno. Hanno suonato in lungo ed in largo per gli Stati Uniti, facendo più di 250 date l'anno. Poi qualcosa si è rotto ed Alex Ballard, principale scrittore e leader della band, ha sciolto i Sugarfoot. Nel 1998, dopo avere fatto il solista per un certo periodo, a Ballarci è tornata la voglia di fare una band ed ha riformato il suo vecchio gruppo.
Ha voluto con lui il veterano Jim Eannelli, che già aveva suonato con musicisti come Willy Porter, Sammy Llanas (BoDeans), Victor DeLorenzo (Violent Femmes): è rientrato il batterista Vic Spankowski (che ha suonato con alcune leggende del blues come Hubert Sumlin, James Cotton e Bryan Lee ed il giovane Kenny Wayne Shepherd), mentre al basso è arrivato Andrew Lester. Take a Picture è un album maturo, chitarristico, venato di country, ma non country, con Ballard autore e cantante di vaglia. Eannelli se la cava egregiamente alla chitarra, mentre la ritmica è solida. Le canzoni. Alex scrive bene e recupera anche un paio di brani, come la title track, dal sua vecchio Ep Madeira, ma sono le canzoni nuove, in cui si respira il suono dei migliori Jayhawks, ma anche di Wilco, BoDeans, Semisonic a fare la differenza. Rock chitarristico, venato di radici, tra country e folk, con brani epici quali Cool Waters, ben sostenuta dal violino Susan Jeske-Dermody.
Take a Picture è più rock: un rock corposo e rurale che ha molti riferimenti ma che, a conti fatti, è personale. Bella voce, intense le chitarre, coinvolgente la melodia. Sugar Daddy ha venature country e un ritmo deciso, mentre Where I've Been sembra uscita da un disco western, per quella chitarra alla Duane Eddy e la voce spiegata su una melodia di stampo texano. Darlin' è ancora diversa, più rock e nostalgica; Hotel ha una struttura classica, è già sentita, ma scorre in modo piacevole.
Ed il disco continua su questa linea: produzione adulta, suono molto curato e canzoni che non hanno cedimenti di sorta. Oltre all'iniziale Cool Waters, realmente bella, anche Telephone si segnala per la sua forza: intro chitarristico potente e voce tesa. Strong Enough To Stand è pura americana, mentre Christine chiude il disco in maniera più dolce, con una composizione elettroacustica che cattura subito.