Jackie Greene è un giovane cantautore californiano, tanto idoneo al rock, quanto votato a proporre stili più tradizionali come il country, il folk o il blues. Jackie incide per la Dig Music sin dal 2002, anno del suo esordio, e
Sweet Somewhere Bound è già il terzo disco. Il ventitreenne songwriter rientra nella schiera dei nuovi cantautori che trovano ispirazione nel rock and roll in genere ma, in particolar modo, nella tradizione e nel cantautorato di Dylan: il paragone con il menestrello di Duluth è determinato dalle liriche, dall'intreccio di parole e armonica che riflette le luci soffuse delle coffee-houses degli esordi al Greenwich. Oltretutto,
Sweet Somewhere Bound rivisita la storia tracciata da Dylan in quel percorso controverso e discusso che parte da Freewheelin' fino a Blonde On Blonde e Highway 61 Revisited.
E quel periodo il buon Jackie nemmeno l'ha vissuto: lui rockeggia con una certa sudditanza, in una sorta di post-Ryan Adams prima maniera, come volesse dare un seguito opportuno ad Heartbreakers o Gold. Lecito oggi, quando concedersi in stili differenti sembra quasi scontato e l'evoluzione è alla base di ogni buon percorso formativo. Il folk della title track, di
Honey I Been Thinking About You (vicine anche allo stile di Fred Neil),
Alice On The Rooftop e di
A Think Called Rain diventa dunque semenza da spargere per raccogliere i frutti di un suono roots ottenuto con chitarre ed organo (
About Cell Block # 9 e Seven Jealous Sisters), dentro un ensemble emozionante, nel quale la voce forte di Jackie si erge sulle melodie.
Anche le ballate sono d'effetto: in
Sad To Say Goodbye sa commuovere grazie al pianoforte;
Everything To Me ci catapulta invece a New York durante il Natale, con la gente avvolta nei cappotti a passeggiare fra la neve e il fumo scaturito dalle grate sui marciapiedi;
I Don't Care About My Baby è un blues acustico e sinuoso; mentre
Emily's In Heaven ha uno stile semplice, spontaneo (giusto qualche accordo) e pacatamente allegro. Come se non bastasse, in questo album Jackie suona ogni tipo di strumento, dalle chitarre alla lap steel, dalle tastiere alle percussioni: l'impressione è che ci si trovi di fronte ad un'autentica "Next Big Thing". Anche lui, come Ryan Adams, Jesse Malin o seguaci, ha quell'aria da divetto stralunato e strafottente. In definitiva, nonostante le apparenze, la sostanza di
Sweet Somewhere Bound è di altissimo livello.