MASSIMO BUBOLA (Tre Rose)
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  Recensione del  30/03/2005
    

Ammetto di essere arrivato a conoscere Massimo Bubola tardi, grazie naturalmente a chi ne ha spesso parlato sulle pagine del giornale come Paolo e Guido, ma ho dalla mia la scusante che faccio parte di una generazione che, folgorata dalla musica americana ed inglese, non riteneva necessario curarsi anche della nostra, considerata di livello minore.
Non ne sono rimasto estraneo del tutto, naturalmente, il solo fatto di vivere in Italia avrebbe reso impossibile isolarsi e ignorarla come non fosse esistita e ho ascoltato anche molto. Mi sono piaciuti da subito i Nomadi tanto per fare un nome ancor oggi popolarissimo, seguivo con attenzione Jannacci, Gaber, il cabaret dei Gufi, la canzone popolare, i cantautori un po' americani alla De Gregori, adoravo soprattutto Fabrizio De Andre, di cui compravo 'quasi di nascosto' tutte le sue proposte talvolta solo in formato cassetta. Considero Creuza De Ma uno dei più bei dischi in assoluto della storia della musica, perché ha aperto la strada a quella che sarebbe stata poi la roots music di cui in qualche modo ho auspicato la nascita perché ero certo avrebbe avuto un grande futuro. Ho tolto il cappello nei confronti di Mauro Pagani che ne ha tentato una difficile riedizione lo scorso anno.
Recensisco il mio primo disco di Massimo Bubola, che ho ascoltato con grande piacere lo scorso autunno a Milano nell'ambito di un'iniziativa umanitaria tesa a raccogliere fondi per conto di un'associazione di quartiere per la costruzione di una casa per soggetti diversamente abili quando rimangono privi di genitori (con lui il fido Michele Gazich), senza aver alle spalle tutta la sua discografia e ciò potrebbe esser un handicap, ma mi sento sicuro di poter giudicare la sua opera in questione come se avessi sentito tutto di lui, perché credo di essere 'entrato' in fretta nella sua musica, che trovo particolarmente carica di profondità e intensità. Tre Rose non è un disco nuovo, Bubola ha appena terminato la pubblicazione della quadrilogia Il Cavaliere Elettrico, inframmezzata dall'eccellente disco Segreti Trasparenti dello scorso anno. È l'attesa ristampa del suo album dell'81, distribuito all'epoca dalla FaDo, che ottenne allora un grande successo di critica e di pubblico, il terzo della sua carriera cronologicamente parlando, l'unico prodotto da Fabrizio De Andre nella sua complessa storia musicale.
Una selezione di brani per lo più d'amore, tutti originali, dal sapore intimistico e spirituale, che non mostrano il benché minimo segno di vecchiaia e danno vita ad una prova degna di ogni rispetto, interessante e valida, giustamente considerata come una delle più riuscite della sua carriera. Uno solo di essi è finito anche nell'edizione dal vivo de Il Cavaliere Elettrico, il motivo tex-mex Encantado Signorina, vicino a testi come Franziska e Merida, dalla felice apertura strumentale affidata ai fiati delle trombe mariachi, carico di colore e sensualità. Ma nessuno degli altri vi avrebbe sfigurato in questa sorta di summa artistica del personaggio, tanto è elevata la loro qualità.
Apre e chiude una sorta di lunario dall'alto contenuto poetico, Hoa-iò-iò, che si muove attraverso un serrato ritmo caraibico, quasi antesignano dell'avvento di Creuza De Ma, che mette in mostra due piacevoli assolo di electric guitar. Vi ritroviamo poi Carmelita, delicatissima love song alla De Gregori, testimonianza di un rapporto difficile, capace tuttavia di aprire una porta alla salvezza, costruita su di arrangiamento orchestral-corale ancora tex mex, davvero originale per allora. Calipso, altro brano d'amore di matrice reggae che vuoi sottolineare come una nuova esperienza sia in grado di dare nuova luce ed energia alla nostra vita, dove piace il simpatico 'ciu ueri uè' del coro sostenuto nientemeno che da De Andre e Dori Ghezzi... Senza Famiglia, sorta di onirico country slow, ispirato da uno spiacevole episodio realmente accaduto a Massimo durante un suo viaggio in Spagna, caratterizzato dal suono pianistico honky tonk e dal buon lavoro di una slide guitar.
Sulla Riva, Sulla Riva, specie di irish folk song elettrica, dall'andatura deliziosa e la cantilenante sequenza d'immagini popolari, dove s'inserisce con successo il suono dell'ottavino di Mauro Pagani. Tiro Un'arancia In Cielo, appassionante dichiarazione d'amore arrangiata a ritmo di ska, con un interessante finale strumentale di stampo 'africano', dove platonico e fisico sembrano costituire una sola cosa, tanto cariche di poesia sono le sue immagini che si dice siano allusive ai testi di Federico Garcia Lorca. Tre Rose, delicatissima ed emozionante title track, brano splendido e suggestivo, del tipo di quelli che lasciano da subito il segno, proposto da Massimo con semplice accompagnamento di una chitarra acustica. E Tu No, ulteriore canzone d'amore, lirica e notturna, davvero uno dei momenti più alti dell'album, finemente guidata da pianoforte e voce nella prima parte, da un'orchestra gershwiniana coadiuvata da basso e batteria, nella seconda.