WARREN ZEVON (Learning to Flinch)
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  Recensione del  29/01/2004
    

Come aveva annunciato lo scorso settembre a Milano, in una fredda serata e di fronte ad un pubblico decisamente sparuto, l'iconoclasta cantautore californiano ha mantenuto la parola data. Ecco il suo nuovo disco: un lavoro dal vivo in cui Warren si esibisce, come aveva fatto a Milano, completamente da solo: con l'ausilio di una chitarra strimpellata con forza, di un pianoforte e, solo parzialmente, di tastiere elettroniche, ripropone alcuni dei suoi più famosi cavalli di battaglia ed aggiunge tre nuove composizioni.
«Worrier king», «Piano fighter» e «The indifference of heaven» sono le nuove canzoni: il resto (quasi ottanta minuti di musica in totale) del materiale è formato da alcune delle ballate migliori del nostro, rivistate con forza ed un grande feeling. Zevon dimostra di essere bravo sia al piano che alla chitarra e infarcisce le sue canzoni con stacchi tradizionali (come l'accenno ad una canzone della guerra di secessione nel corso di «Poor poor pitiful me»).
«Learning to flinch» è una specie di greatest hits, ma le canzoni vengono presentante in una versione completamente diversa da quella che conoscevamo grazie ad una performance vitale e vigorosa. La scaletta è simile a quella milanese, con la differenza del bis, e la forza dell'esecuzione è tale da farci vibrare: non per nulla la stampa americana lo ha definito Heavy metal folksinger.
«Splendid isolation», una grande canzone ed un titolo scelto ad hoc, inizia il concerto: è un brano forte, di chiara matrice folk, impreziosito dall'armonica tagliente e dalla voce potente di Warren. È una canzone significativa che Zevon ha volutamente messo all'inizio del concerto per spiegare il suo «splendido isolamento» e la sua voluta condizione di folksinger. «Lawyers guns and money», brano di rara intensità, da una spinta al concerto: la chitarra taglia l'aria con le sue note potenti e la voce di Zevon è sempre più presente.
«Mr. bad example» è meglio in questa versione live, che in quella elettrica apparsa sull'omonimo album del cantautore. «Excitable boy», altro grande brano, introduce il pianoforte: e, come era successo a Milano, Zevon ci lascia di sale come pianista. Il suo suono è liquido e presente, la sue dita scorrono con agilità sulla tastiera rivelando insospettate influenze classiche, come l'introduzione presa da Bartok per «Roland the headless thompson gunner».
Ed anche «Excitable boy» richiama la musica più nobile, specie per certi fraseggi pianistici che denotano abilità e grande gusto. «Hasten down the wind» rimane una grande ballata, anche nella sua spoglia versione asolo, abbellita comunque dal pianoforte e dall'indubbia abilità vocale del protagonista. «The french inhaler» è un altro grande brano per voce e pianoforte: canzone vibrante, voce piena, tastiere brillanti. «Worrier king», voce e slide, è un omaggio al blues: le dita scorrono veloci e la chitarra ha dei suoni che si avvicinano a quelli di un grande come Leo Kottke.
«Roland chorale» è un brano solo strumentale, a base di tastiere elettroniche, che serve da introduzione alla stupenda (grazie a questa canzone, ed a «Lawyers, guns and money», Warren è stato definito il Sam Peckinpah del rock) «Roland the headless Thompson gunner». Qui, di nuovo al pianoforte, Zevon scatena dita e voce in un danza senza fine e porta il pubblico al delirio. «Searchin for a heart» è tratta dal disco più recente e nella sua nuova versione acustica la melodia non perde un colpo.
«Boom Boom Mancini», omaggio ad un amico, pugile nella vita, pur non essendo una grande canzone ha molta vitalità. «Jungle work» è un pastiche strumentale abbastanza raffazzonato: Zevon inframezza la performance con queste ricerche sonore, usando tastiere elettroniche, anche per rompere la monotonia del voce e chitarra o del voce e piano. Ci piace l'idea, meno il risultato finale. Molto bella la nuova «Piano fighter», una balla discorsiva voce e piano, che serve da introduzione ad un altro dei grandi brani del californiano: «Werevolves of London».
Il licantropo londinese, da sempre cavallo di battaglia del nostro, è una signora canzone: Warren la canta, la recita, picchia sulla tastiera, ulula, salta, fischia e porta il pubblico ad un tripudio di applausi. «The indifference of heaven», il terzo brano nuovo, è un altro racconto per voce e chitarra: ballada sapida ed arsa, tiene bene banco vicino ai pezzi da novanta del suo autore. Poi è la volta di «Poor poor pitiful me», altro classico di Warren, e gli applausi non si contano: la lunga introduzione di chitarra, con arpeggi ed arzigogoli, è un pezzo di bravura.