CLAYMORES (Claymore Rec.)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Un esordio, un altra band dal Texas. Sono roots, sfiorano il country, non disdegnano il folk, ma hanno assoribito alla lunga la lezione del suono chitarristico alla Byrds, con ballate calde, ben servite da un voce duttile e da una vena compositiva oltre la media. The Claymores sono in tre: Gregg Yows, Mike McAnally e Sean Okeefe. Il CD è prodotto da Peter Stiles e le canzoni sono composte in buona parte dalla penna di Yows, che è anche la voce solista.
Il pregio maggiore sta nella freschezza, nell'approccio semplice e diretto, e nell'uso della melodia. Nei quaranta minuti che compongono il CD i tre texani ci regalano dodici canzoni fresche e vitali, che si ascoltano tutte d'un fiato, in cui c'è la lezione degli Uncle Tupelo, ma anche la riminiscenza dei Roger Me Guinn e la lezione folk dei padri del passato. Li si può avvicinare, per freschezza, ai Sixty Acres. Apre Whitefish, semplice e diretta, poi è la volta del folk rock Four Masters, in cui freschezza e intelligenza compositiva vanno a braccetto. Drinkin' Doubles è un abbecedario di folk rock, voce pacata, chitarre in evidenza: ci sono analogie anche con l'innocente musicalità dei Say ZuZu.
E non è finita: Roll On rallenta il ritmo ma è molto evocativa, quasi un tuffo nella ballata tradizionale, Keen on You è un rock mascherato da bluegrass, tempo veloce e melodia sciolta. E via di questo passo: Cloverleaf è più elettrica, Lefty Song, più lenta, mentre Pitch ha una voce molto accattante a condurla. Non ci sono pause ed il disco, diretto e chitarristico, mai sopra le righe, si gode dalla prima all'ultima canzone. I Claymores non inventano nulla ma sanno trattenere e creare interesse, e questo è già un pregio.