Sono alcuni anni che non ci occupiamo dei
Gin Blossoms, dal 1992 per la precisione, da quando «
New Miserable experience» era giunto, un po' alla chetichella, sui nostri tavoli redazionali. Quel disco, molto chitarristico, con i Byrds fissati nei solchi ed i REM in testa, ci aveva solleticato e ne avevamo parlato bene. Un anno dopo, circa, ce lo eravamo ritrovato tra i piedi perché, sull'onda del travolgente successo americano, era stato pubblicato anche in Italia. «
Hey Jealousy» era arrivata, tramite il circuito delle college radio, in testa alle classifiche Usa: prima quelle di settore poi, dopo un certo tirocinio, quelle nazionali.
Quindi, in tempi abbastanza brevi, prima «
Found out about you» e «
Until I fall away» avevano raggiunto ottime cifre di vendita. I
Gin Blossoms, un quintetto originario di Tempe, Arizona, erano passati molto velocemente dalla stalle alle stelle: una storia tipicamente americana. Grande gavetta, centinaia di concerti ogni anno, anche due date al giorno, fatiche a non finire, un primo album autoprodotto ed autodistribuito (il raro «
Dusted»), un contratto con una major, un mini LP d'assaggio e, poi, l'esordio adulto. Sono stati fortunati questi ragazzi, il successo li ha toccati abbastanza velocemente ma, come in ogni storia che si rispetti, c'è anche un risvolto amaro: poco più di un anno fa Douglas Hopkins si è suicidato, mettendo fine ad una vita tragica e travagliata. Musicista di indubbio talento, scrittore abituale (era il più prolifico nell'economia della band), Hopkins aveva però un carattere difficile che lo metteva costantemente in contrasto con il resto del gruppo, tanto che ne era stato allontanato qualche mese prima del suo tragico gesto.
La morte di Hopkins ha lasciato comunque il segno: anche se non era più nella band, Douglas era stato uno dei Blossoms ed i ragazzi, Jesse Valenzuela in testa, hanno faticato non poco a riprendersi. Il lungo periodo che intercorre tra «
New miserable experience» e questo nuovo lavoro ha avuto, prima di tutto, il problema di gestire il successo: non è facile fare un nuovo disco, dopo che il precedente ha venduto un milione di copie; ma è ancora più difficile convivere con un suicidio, anche se la colpa non può ricadere sui vari membri della band, ma sul carattere introverso e torturato di Hopkins. Ma, malgrado tutti i problemi, le angosce e le paure, i ragazzi finalmente ce l'hanno fatta e «
Congratulations, I'm sorry» riprende il discorso dove «Experience» lo aveva lasciato.
Un pop chitarristico di grande qualità, belle canzoni e nessuna, dico nessuna, concessione alle classifiche: i REM sono meno presenti come influenza, gli ultimi REM non lo sono per nulla, mentre i Byrds continuano ad imperversare e le sonorità di gruppi come Jayhawks, Wilco, Son Volt diventano una consuetudine. Non ci sono sbavature, le chitarre viaggiano all'unisono e le canzoni, tredici in tutto, sono ben strutturate.
Jesse Valenzuela e Robin Wilson hanno preso in mano le redini della band,
Scott Johnson ha sostituito lo sfortunato Hopkins, mentre
Bill Leen e Philip Rhodes continuano ad occuparsi della sezione ritmica. Forza espressiva, musicalità intensa: i
Gin Blossoms sono una band semplice, molto legata alle proprie radici (l'Arizona ha un'ottima tradizione in fatto di rock giovane) e la dipartita di Douglas è stata assorbita bene.