Alejandro Escovedo compose la canzone
By this hands, ispiratagli dai racconti di suo padre, quando era membro dei True Believers, fondati con suo fratello Javier e in cui militò Jon Dee Graham.
Nel 1996 quella canzone vide la luce diventando la title-track di un album inciso da Alejandro insieme a buona parte della sua numerosa famiglia. Prendendo spunto da quel brano, Escovedo cominciò ad accarezzare l'idea di comporre una serie di canzoni basate sulla vita del padre e sulla sua storia di migrazione dal Messico verso il Texas.
L'incontro con Theresa Chavez e, tramite lei, con Eric Gutierrez e Rose Portillo da una spinta ulteriore al progetto. Confrontando le reciproche storie, i quattro comprendono che i racconti di un solo uomo, il padre di Alejandro, in realtà sono racconti comuni a tutti i loro padri. Così nasce
By the hand of the father, lavoro teatrale composto da brani musicali e parti recitate, sulle origini della cultura messicana-americana. Cultura nata dal flusso migratorio che vide protagonisti i Messicani che, agli inizi del 1900, lasciavano le proprie terre per cercare fortuna negli States.
L'orgoglio dei Padri, che con i propri racconti hanno mantenuto vivo l'amore per le proprie origini, unito all'orgoglio dei figli per le proprie origini e per il sentirsi parte integrante di questa terra, gli Stati Uniti, ha generato una serie di espressioni artistiche di grande interesse. Restando nell'ambito a noi più vicino, quello musicale, basti citare un nome per tutti, quello dei Los Lobos.
E proprio uno dei lupi è protagonista di quella che può essere considerata la canzone manifesto di questo lavoro. È infatti
Cesar Rosas a cantare
Mexico Americano, inno all'orgoglio di sentirsi figli di due nazioni ("
Por mi madre yo soy Mexicano, Por destino soy Americano… Yo soy de la raza noble, Yo soy Mexico Americano… Dos paises son mi ti erra, Los defiendo con mi honor").
By the hand of the father è la colonna sonora di quel lavoro teatrale, ed è basato sui brani di
Alejandro Escovedo, intervallati o integrati da brani recitati che narrano la storia. L'iniziale title-track, recitata da
Kevin Sifuentes, uno degli interpreti della piece, e da
Ruben Ramos (Los Super Seven) su una musica dolce e struggente, introduce la storia per poi sfumare in
Wave, già su
Man under the influence, ultimo cd di Escovedo.
La drammaticità della canzone volge nel ritornello in una quieta malinconia. Versione superba, che lascia intuire il valore del cd. La successiva
Did you tell me è cantata in messicano da Ruben Ramos, Rose Portillo risponde con un recitato in americano. Bellissima esemplificazione di quello che all'inizio fa uno scontro di culture.
Bellissimo il testo, come d'altronde in tutto il cd.
Dos hermanos/Two brothers è un brano recitato su un tappeto di chitarre acustiche che ci porta a
Ballad of the sun Et the moon, titolo bellissimo per una ballata magnifica, con Rosie Flores al controcanto in lingua messicana. Questa soluzione, una voce che canta in una lingua, una in un'altra, oltre ad essere simbolica, risulta affascinante ed è la dimostrazione di quanto la simbiosi fra le due culture abbia generato.
Musicalmente il feeling è quello di classici come Guantanamera o Lo Bamba. La malinconia ti imprigiona alla fine di questa splendida ballads. E dopo la briosa fiesta della già citata
Mexicano Americano la malinconia torna con
Rosalie, introdotta dalla recitata
Seven years. Anche
Rosalie come
Wave era sul precedente album dì Escovedo. Qui la storia d'amore di due persone separate da chilometri di polvere e sabbia da sette lunghi anni, che alimentano il reciproco amore con appassionate lettere d'amore, è rivestita di soli strumenti acustici.
Il bellissimo intreccio di mandolino, chitarra, violino e fisarmonica, su un tappeto di percussioni che palpitano come il cuore dei due innamorati, e la meravigliosa voce di Alejandro riempiono il cuore di malinconia. Ma attenzione, quella presente in molti brani di questo lavoro è "
una malinconia viva ed energica, un desiderio non si sa di che, una specie di disperazione che piace", citando Leopardi.
Rosalie è un capolavoro.
Hard Road, scritta con Javier Escovedo, è dura e frenetica, lascia senza fiato.
59 years waltz è un dolce brano che sottolinea una lunga parte recitata.
Inside this dance è cantata da Pete Escovedo, ed è uno di quei brani da ballare stretti stretti con la persona amata. Una perla dal sapore del classico. Ruben Ramos canta
Concion mixteca, e ci riporta sul versante messicano di questa storia.
Pathos, tensione, eticità contraddistinguono la versione di
With these hands, la canzone da cui tutto ha avuto inizio. Grande.
Silence è amara e ci ricorda che non è facile essere messicano-americano. Il ritornello in chiave country è meraviglioso.
And yet/Theme riprende il tema iniziale. Il cerchio sì chiude. Un cd completo, perfetto. Splendida musica, suonata in modo impeccabile. In più un'opportunità per avvicinarsi alla storia di una cultura che tanto ci affascina. Ma il cd ha anche un'altra chiave di lettura, più intimista. Tutto nasce da un viaggio personale di
Alejandro Escovedo nel suo rapporto con il padre. Infatti il cd è dedicato ai signori Leon Chavez, Pedro Escovedo, Willie Garza, Manuel Moreno e Joseph Portillo, ovvero i padri degli autori a vario titolo del lavoro.
E con questo il cd assolve ad un altro dei compiti della nostra musica: metterci a confronto con noi stessi e con quello che siamo, e in qualche modo riconciliarci, se possibile, con coloro per cui siamo.
By the hand of the father…