MARK McKAY (Shimmer)
Discografia border=Pelle

  

  Recensione del  16/02/2005
    

Un songwriter pressoché sconosciuto, che gironzola nel vasto mare del genere Americana e si presenta all'appello con la produzione di Eric Ambel. I punti a suo favore cominciano a salire, visto che l'ex Del Lords ed oggi chitarrista nella band di Steve Earle non è tipo da svendere il proprio nome al primo offerente. Mark Mckay deve essere riuscito a conquistarlo con la forza delle sue canzoni, un roots rock poco appariscente forse, ma che sa giostrarsi tra campagna e città, tra ballate rurali e suggestioni urbane. In questa alternanza richiama tutte le ottime produzioni in cui Ambel ha messo le mani negli ultimi dieci anni. Shimmer è il terzo lavoro solista per questo ragazzo di Washington, cresciuto nei circuiti locali e balzato aile cronache minori dell'alternative country come chitarrista dei Sixty Acres, band che anche le pagine del Buscadero hanno ospitato diverse volte.
Dopo un incoraggiante debutto, Nothing Personal, era arrivato un disco dal vivo di fattura acustica, Live From The Memory Hotel, registrato con il supporto di pochi amici fidati, che certo non lasciava presagire la svolta "blue collar" di oggi. Registrato tra Boston e New York City, brooklin per la precisione, Shimmer è infatti una raccolta che solleticherà le fantasie dei puri e duri del rock provinciale americano, un disco carico di suoni ruspanti e di un costante rincorrersi delle chitarre dello stesso Mckay con quelle di Ambel e dell'amico Steve Tagliere. Alla solida struttura di un tipico quartetto si aggiunge poco altro, giusto l'essenziale richiesto dalle sfumature di ogni singolo brano: un organo nella limpidissima Nashville, una tromba nell'obliqua Ready for the Show, un piano elettrico in Memory Hotel. Ambel e con lui l'ingegnere del suono Tim Hatfiled hanno lavorato come da copione sulle dinamiche più elementari di una rock'n'roll band, tirando fuori un timbro crudo e decisamente live, che ben si addice alla scrittura di Mckay.
Quest'ultimo non possiede una voce molto appariscente: si trascina in un cantato un po' monocorde che è forse il limite maggiore della sua proposta. Stabiliti tutti i debiti possibili verso gente come i Son Volt, di cui McKay resta un chiaro estimatore, è giusto anche rendere merito alle sue capacità di buon artigiano: sono infatti i tempi medi di ballate come Rain (Like A Hallelujah), Nashville, notevole davvero nel suo crescendo, Sweet Temptation, U-Eye e Memory Hotel a costituire il tratto più appagante di Shimmer. Altrove invece il suono si irrobustisce, perdendo per strada quella particolare sensibilità melodica e impaludandosi in un rozzo rock'n'roll di maniera: Stay Around ad esempio eccede nell'uso dell'effeto wah wah e Mercedes sconfina in un bluesaccio sudista che poco si amalgama con il resto. Meglio allora riprendere i fili di un rock provinciale che gioca sull'alternanza tra acustico ed elettrico (Full Moon Eyes), oppure affidarsi al repertorio altrui con l'interessante cover di Side Of The Road, brano di Lucinda Williams, qui ridotto alla sua essenza più chitarristica.