Esistono opere che segnano svolte significative nella carriera di ogni grande artista, lavori che più di altri, rappresentano il compimento di una naturale maturazione o marcano le tappe di un articolato processo evolutivo: dischi come Swordfishtrombones o Bone Machine per Tom Waits, Kiko per i Los Lobos, Trampoline per Joe Henry e, nel bene o nel male, Yankee Hotel Foxtrot per i Wilco sono indiscutibilmente punti di arrivo o di partenza nell'ambito del percorso artistico dei rispettivi autori.
Proprio come da Swordfishtrombones è potuto scaturire un capolavoro come Rain Dogs, Kiko ha dato vita ai Latin Playboys o da Trampoline è infine sbocciato lo splendido Tiny Voices,
A Ghost is born, il nuovo album dei
Wilco, approfondisce ed oltrepassa le intuizioni che stavano alla base di
Yankee Hotel Foxtrot. Fin dagli esordi con gli
Uncle Tupelo, con i quali sposava Hank Williams alla carica dissacrante degli Stooges, album dopo album
Jeff Tweedy ha mostrato una naturale predisposizione ad esplorare territori musicali ed emozionali sempre nuovi, portando avanti una coraggiosa ricerca sonora che dall'alternative country lo ha condotto fino all'elettronica.
A Ghost is born parte esattamente da dove finiva il suo fortunato predecessore, ma rivela un suono meno involuto e più solido, un rinnovato gusto per la melodia, con arrangiamenti meno intricati ed un approccio decisamente più rock, grazie ad una drastica riduzione dell'uso dell'elettronica, confinata ad una nebulosa coda ambient del brano
Less than you think, e ad una ricerca sonora che sembra riflettere l'immediatezza e l'attitudine avanguardistica del progetto Loose Fur.
Prodotto dalla band insieme a Jim 0'Rourke,
A Ghost is born racchiude un eccitante amalgama di interiorità folk, melodia pop, energia rock ed a tratti perfino di psichedelia, che si svela attraverso intense ballate dalla vena malinconica, effimere eco beatlesiane e vibranti parti chitarristiche. L'intento della band al momento di andare in studio è quello di focalizzare l'attenzione sui suoni, riducendo al minimo gli arrangiamenti ed affidandosi all'estemporaneità dell'improvvisazione per sviluppare idee ed intuizioni, esaltando l'energia della musica e la bellezza delle composizioni.
Questo work-in-progress ha dato vita ad alcuni degli episodi più interessanti e stimolanti dell'intero disco:
At least that's what you said inizia come una scheletrica ballata in cui delicati passaggi pianistici sottolineano i toni malinconici e la vulnerabilità del canto, quasi fosse uscita dalle atmosfere notturne e malsane del Neil Young di Tonight's the night, almeno fino a quando la chitarra elettrica e la sezione ritmica non la trasformano in una potente cavalcata degna dei Crazy Horse più ispirati.
La stesso spirito rock aleggia sulla lunga e splendida
Spiders (Kidsmoke), in cui su un supporto ritmico meccanico ed ipnotico esplodono ruvidi assolo di chitarra, piovono valanghe di tormentati feedback e contorte distorsioni velvettiane, mentre la freschezza creativa di Tweedy trapela da
Handshake drugs, delizioso gioiello pop dalla trama psichedelica con un curioso finale rumorista).
Flebili tracce di musica tradizionale ed evanescenti sfumature roots pervadono le ritmiche pigre di ballate di ispirazione folk come la pianistica
Hell is chrome, la delicata ed umorale
Wishful thinking, l'elettro-acustica
Muzzle of bees o Company in my back, in cui i nitidi arpeggi di mandolino rappresentano quanto di più vicino al country riescano oggi a produrre i
Wilco.
Una malcelata infatuazione per le armonie beatlesiane trapela dalla limpida melodia lennoniana di
Hummingbird, arricchita da un accompagnamento d'archi, così come dallo stralunato pop di
Theologians, mentre vivide eco del rock 'n' roll dei Big Star esalano dalle chitarre graffianti e dalle ritmiche in levare di
I'm a wheel.
A Ghost is born è forse il progetto più ambizioso ed avventuroso finora portato a termine dai
Wilco, un lavoro in cui la brillante vena compositiva di
Being There si congiunge con la ricerca sonora di
Yankee Hotel Foxtrot.