WHISKEYTOWN (Pneumonia)
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  Recensione del  30/01/2004
    

Gli Whiskeytown fanno come Wilco o meglio Ryan Adams segue la vocazione pop di Jeff Tweedy. Al terzo disco (nel senso di album) rallentano la marcia, abbandonano il roots-rock o almeno gli aspetti più rocknrollistici della loro musica e si dedicano esclusivamente a delle canzoni che hanno l'intelaiatura del country, con tanto di mandolini, lap steel e violini ma virano verso un colto pop d'autore. Gram Parsons continua ad essere una delle influenze maggiori di Ryan Adams ma come già successo per il suo disco solista Heartbreaker è la canzone pop, quella degli anni sessanta, dei Beatles e di Brian Wilson e di arrangiatori come Van Dyke Parks la molla che fa scattare l'ispirazione.
Un'attrazione fatale che non sempre porta a buon fine perché se da un lato Pneumonia esalta la genialità di Adams nello scrivere canzoni accattivanti ed intriganti, ricche di quel fascino misterioso che è un po' la prerogativa degli Whiskeytown, dall'altra il disco sconta la mancanza di un realismo rock e alla fine, dopo due terzi dell'album sulla stessa lunghezza d'onda, fatica a decollare.
C'è da dire che Pneumonia è un disco registrato nel 1998 e solo oggi "sbloccato" dalla linea alternativa Lost Highway dopo che la Outpost (la vecchia etichetta degli Whiskeytown) è stata assorbita dalla A&M.
Esce quindi dopo il primo disco solista di Ryan Adams Heartbreaker e a ridosso del già annunciato secondo lavoro Gold e come nel disco di Ryan Adams presenta una prima parte di grande attesa con canzoni e ballate che suscitano emozioni e richiedono approfondimenti e una seconda parte in cui prende il sopravvento l' evanescenza e la leziosità, come se la musica non fosse più divertimento e l'artista si prendesse troppo sul serio. Un atteggiamento che accomuna i due principali talenti usciti dall'alternative country ovvero Adams e Jeff Tweedy, che di fatto segna una diminuzione del loro impatto rock e un approccio tutto cantautorale alla musica.
Pneumonia ha il pregio di avere grandi canzoni ma il difetto di non esprimere fino in fondo le potenzialità insite in queste. Canzoni che partono con grande intensità ma si sviluppano solo a metà e quando è il momento di decollare si chiudono quasi bruscamente lasciando le cose sospese e l'amaro in bocca, quasi che l'autore non avesse il coraggio di proseguire per non sciupare la canzone e la sua purezza. Così la tenue e delicata Don't Be Sad è una gran bella canzone e così anche Ballad Of Carol Lynn, per non dire di My Hometown e Easy Hearts, raffinati intrecci di quel country sognante e intimista di cui Adams è inventore.
E poi l'evocativa Sit and Listen To The Rain, tutte ballate pregne di quel sottile fascino misterioso che ha fatto degli Whiskeytown una delle band più interessanti del rock americano anni 90. Ma a partire da Mirror Mirror e da Paper Moon nel disco le cose si ripetono senza che ci siano quelle dilatazioni sonore e quell'attitudine visionaria propria degli Whiskeytown di Strangers Almanac e Faithless Street e quando ci si aspetta il decollo, magari con un apertura rock più decisa, il brano torna al nastro di partenza, chiuso in qualche caso sbrigativamente, come fosse una "prima" da sviluppare ulteriormente.
A suonare nel disco sono Ryan Adams (voce, chitarre, harmonica, piano), Caitlin Carter (violino e voce), Jennifer Condos (basso), Mike Daly (ogni genere di chitarre e dulcimer), Richard Cuason (tastiere), Brad Rice (chitarre), l'ex Smashing Pumpkins James Iha (chitarre), l'ex Replacements Tommy Stinson (basso) e il produttore Ethan Johns, figlio del più noto Glyn Johns, che si divide tra batteria, mandolino, violoncello, tastiere, chitarre e basso.
Il sound di Pneumonia è tutto fuorché rock, dominano le melodie, le raffinatezze di un pop colto vicino ai Beatles (sentire al proposito Mirror, Mirror), gli arrangiamenti orchestrali eleganti, un anomalo e leggero country venato di malinconia e pensieri, i lievi accenni gospel, una scrittura poetica che alla fine si compiace di sé. Addirittura c'è una bluastra Paper Moon che tra suggestioni retrò, arrangiamenti da musica da film e mandolini spezzacore muove fremiti di tipo partenopei.
Da una parte quindi Pneumonia conferma l'originalità e il talento un po' irrisolto di Ryan Adams nella composizione delle canzoni (con tutto quello che ne consegue a livello di enfasi vocale sognante e malinconica), dall'altra mostra un indebolimento della veste sonora degli Whiskeytown e della loro capacità di suonare un country rock visionario ed eclettico, tra i migliori della scena alternativa dell'ultima decade. Era lecito, quindi, aspettarsi di più.