Vengono da San Francisco, sono in cinque, ed hanno già una bella storia alle spalle.
Charlie Vestner, Peter Dominguez, Scott Hylbert, Tim Barney e Tom Wagenbrenner sono assieme da pochi mesi, ma sia Hylbert che Dominguez e Barney hanno già militato in due diverse band, ognuna con un disco al proprio attivo:
August West e Emma Jean Psalm.
La scena di San Francisco non è certo prolifica di band country oriented. quindi i Buckeye, nome adatto più ad un gruppo Texano o dell'Arizona, sono il classico pesce fuor d'acqua. Eppure il loro disco d'esordio suona fresco, con la steel di Dave Zirbel che dialoga bellamente con le chitarre di Hylbert e Dominguez. Il disco proclama: Features no hit singles. Niente di più vero, solo musica sana, suonata con passione, con momenti intensi che richiamano il Neil Young più bucolico o il classico suono country rock, tanto popolare negli anni settanta.
Hanno una matrice completamente diversa dagli Uncle Tupelo, sono rock e country, niente di alternativo, casomai ci sono punti in comune coi Whiskeytown in brani quali
Mansion, in cui un banjo segue pari passo la voce. Ma
Dear Elaine è puro country rock, come la caratterizzata
Silver Dollar, ben giocata sulle voci (alla Flying Burrito Bros periodo GP). La steel guitar è strumento guida in diverse canzoni, con le voci che si esibiscono all'unisono e le melodie che scivolano fluide e molto memorizzabili.
Altri brani degni di nota:
Big Ole Younder, Hurtin' Now, Lonesome Climber, Keep this Loving Fun per arrivare alla bella
(Sweet Home) High Lonesome, nostalgica e molto anni settanta. Il disco, molto gradevole, non presenta sorprese di sorta: i ragazzi sono ancora giovani e devono fare esperienza, ma la stoffa è buona.