TODD SNIDER (Songs for the Daily Planet)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  30/01/2004
    

«È un performer straordinario», mi ha detto Jimmy Buffett in una recente conversazione telefonica, «uno che sul palco sa fare tutto, ma proprio di tutto». Ho scoperto Todd Snider tramite un caro amico, lo ho seguito sino al suo debutto discografico, «Songs for the daily planet», e vi debbo dire che è un debutto che non dimenticherò facilmente. È una via di mezzo tra Bob Dylan e Steve Earle, ma anche molto Woody Guthrie nel sangue senza dimenticare la lezione di Hank Williams.
Snider è un puro, su questo non ci piove, scrive dei testi taglienti come lame e, musicalmente parlando, infarcisce le sue canzoni con melodie secche, tra folk e blues. L'album è splendido, ve lo avevo preannunciato e ve lo confermo a piena voce, è, senza tema di smentita, il debutto dell'anno. Prima di tutto i testi. «That was me»: «Ricordati di cinque anni fa, mentre guidavi lungo la strada, hai visto un ragazzo fermo sul lato, capelli lunghi, biondi e sporchi, il suo dito puntato in alto, ero io, ero io...». «My generation (part 2)»: «Il mio vecchio diceva che la Woodstock generation aveva trovato il modo di costruire questa nazione, ha aperto i suoi occhi ed ha dato uno sguardo attorno, ed ha detto che la mia generazione non è buona a nulla...».
«This land is our land»: «Autostrade attraverso una riserva, preparano la strada per una nazione nuova di zecca, il cielo sa che noi abbiamo bisogno di questo paese, stiamo per costruire in grande, in lungo ed in largo, strade di città attraverso le campagne, usiamo prodotti chimici e pesticidi, questo paese è il nostro paese». Quasi stesso titolo di un noto brano di Woody Guthrie, ma parole completamente diverse: Snider è uno che non ci pensa due volte ad offendere chicchessia, anche se lo fa a ragion veduta. E la musica, splendida ed orgogliosa, si erge come un baluardo dietro a queste liriche forti: pochi strumenti, piano, armonica, sezione ritmica e chitarra elettrica.