SAY ZUZU (Take These Turns)
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  Recensione del  30/01/2004
    

La bella storia continua. Li abbiamo scoperti solo lo scorso mese ed ecco che, ma lo attendevamo, abbiado già tra le mani il nuovo album. «Highway signs and driving songs» era un grande disco e questo non è certo da meno. I ZuZu, cioè Jon Nolan, Cliff Murphy, James Nolan e Steve Ruhm, sono andati per la seconda volta a Nashville a registrare e lo hanno fatto per trovare una maggiore concentrazione e studi certamente più professionali. Rispetto ai primi lavori (questo è il quinto album per la band del New Hampshire) c'è una maggiore apertura verso la musica roots, con l'introduzione più sostanziosa di violino e steel guitar e, nel contempo, il suono si è più indurito: ma la propensione alla jam session, ai brani ad ampio respiro, iniziata in modo definitivo con il disco precedente, trova qui la sua consacrazione. I Say ZuZu sono una prosecuzione del credo dei Grateful Dead e dei Phish, invenzione ed improvvisazione, anche se, rispetto alle due band citate, hanno in comune solo l'idea di una musica libera da vincoli, infatti lo stile è totalmente diverso.
Il suono di «Take these turns» è molto rock, più solido rispetto ai dischi del passato, ma la componente roots spezza certi equilibri ormai assodati e da al tutto un sigillo di personalità che lo diversifica da buona parte delle band che interagiscono nel medesimo settore. Musica ad ampio raggio, che spazia dal rock al country, con accenni di blues e piccole digressioni nella psichedelia: i Say ZuZu hanno uno stile ad ampio spettro ed eseguono le proprie composizioni in perfetta libertà, senza soggiacere ad alcun vincolo.
Non sono famosi in patria, ma hanno un solido culto locale ed hanno venduto molto bene i loro dischi: sicuramente «Take this turns», visto il suo approccio più rock, avrà ancora maggiore fortuna. Jon Nolan e Cliff Murphy, le due menti della band, mantengono comunque il classico stile del gruppo, pur avendone accentuato la parte elettrica, con quelle continue jam (ascoltate la title track), con il sapere fondere chitarre e ritmica in un tuttuno difficilmente dimenticatile. Sono usciti dal nulla, scrivevo sul numero scorso, ma sono musicisti di grande caratura e compositori di vaglia: rimango ancora sorpreso che gente di questo calibro sia indipendente e si produca in proprio vendendo i dischi con un proprio mail order. Considerando quante scartine arrivano ad incidere su major, una situazione di questo genere mi lascia perplesso.
«Take these turns» è quindi un altro grande disco: musica spoglia e diretta, chitarre elettriche e steel guitar che si fondono alla perfezione, e le voci che seguono le melodie e mentre la ritmica è sempre più dura e presente. I ZuZu sono ormai una band adulta, con un suono proprio, molto propenso a continue aperture strumentali: infatti quasi in ogni canzone la parte centrala è occupata da un breve assolo che lascia spazio ad una eventuale jam strumentale, che, dal vivo, la band è solita fare.