CALVIN RUSSELL (Crossroads)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Calvino, The Sad Texan, era un pò sceso sotto il livello di guardia, ultimamente. I suoi dischi più recenti avevano scontentato i più e ci voleva un sterzata che lo riportasse a galla. E lui, che la musica ce l'ha nel sangue, lo ha fatto e nel modo più difficile. Ha registrato un disco dal vivo, in perfetta solitudine, voce e chitarra. Un'ora di musica, un'ora di suoni ed emozioni, con la voce grave di Calvin e il suono molto amplificato della sua chitarra. I dischi acustici sono spesso un viatico per la noia, ma questo non è il caso di Crossroads, un disco che trasuda forza, creatività, voglia di esprimersi.
Russell supera lo scoglio della esecuzione solitaria con una vibrante prova in cui le ballate desertiche assumono connotati molto profondi, grazie alla voce scavata dal sole ed al suono ruvido e presente della chitarra, che fa la parte della band, a tutti gli effetti. Ballate piene, intense, profonde, arse dal sole: non pensavo che senza un suono ruggente dietro le spalle Calvin fosse riuscito a tanto. Ma lo ha fatto. Queste canzoni hanno i cromosomi solidi come la roccia, forgiati dal sole che imcombe, modellati nei canyons della sua terra: bastano poche note per capire che ci troviamo di fronte ad un disco vero, che non ha cedimenti di sorta e che mantiene alta la tensione dalla prima all'ultima nota.
Un disco fiero e tonico. Rispetto alle ultime prove di studio la voce è più forte, più presente, mentre la canzoni, scarnificate e disossate, assumono una nuova identità. Ci sono gran parte dei classici del nostro, da Crossroads ad A Crack in Time, da One Meatball a Soldier, ma tutto assume una veste nuova, molto diversa, grazie alla potenza dell'esecuzione. La chitarra è un urlo nella notte, con il suo suono forte, dirompente, mentre la voce, presente, vitale e aggressive, fa il resto. Un cascata di note annuncia il blues desertico di Behind the Eight Ball mentre il traditional Sam Brown ha una dolcezza di fondo che viene filtrata da una rilettura diretta: rispetto alla studio version qui c'è la vera essenza del musicista, la sua forza inferiore. Basta questo brano a dividere passato (recente) e presente. Wild Wild West, This Is Your World e Little Stars lasciano il segno: racconti persi sulla Route 66, che vedono scorrere piccoli agglomerati di case, rocce rosse, canyon scavati nella roccia da secoli e secoli: una terra splendida, arida, ma al tempo stesso affascinante, terra che si rispecchia pienamente nella musica del texano. Il suo volto è l'emblema della terra da cui viene: vissuto, torturato dal tempo. E la sua musica è una conseguenza della vita che ha trascorso.
La dolcezza della finale Somewhere Over The Rainbow è un modo di chiudere diverso dopo un concerto furioso, in cui la forza dell'autore e la profondità della sua musica ci hanno coinvolto in una spirale senza vie d'uscita per un'ora. Il brano, uno standard che ha decine di anni sulle spalle, rivive tramite una versione graffiata dalla voce di Russell, mentre la chitarra ha una tonalità più melodica e meno aggressiva. Un disco che riconcilia con un autore che abbiamo amato moltissimo in passato e che trasforma la sua sempiterna vena di rocker per presentarlo come folk-blues singer. Una metamorfosi pienamente riuscita.