CALVIN RUSSELL (Sam)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  31/01/2004
    

Calvin Russell, texano triste e solitario, torna dopo un lungo periodo di silenzio. E con un disco diverso. Non più solo cavalcate chitarristiche e notturne, ma canzoni elettro-acustiche, ballate interiori, inframezzate da qualche brano più elettrico. Il disco è prodotto dallo specialista Jim Dickinson e vede il nostro rocker circondato da musicisti di vaglia come David Hood e Roger Hawkins, la magica sezione ritmica degli studi Muscle Shoals, lo stesso Dickinson, quindi fisarmonica e violino (Tony Thomas e T-Bone Tommy Burroughs), piano (East Memphis Slim), basso a corda (Sam Schoop) ed un paio di coriste (Brenda Patterson e Suzanne Jerome). I presupposti sono buoni ed il disco in parte li mantiene. Calvin mostra di trovarsi a proprio agio con sonorità più soffici e lascia spesso trasparire il suo lato oscuro (The Hole del grande Townes e Retcha). Russell da una svolta al suo suono ed il risultato è interessante, con qualche eccezione come Somewhere Over The Rainbow, cantata in modo abbastanza anonimo: basta ascoltare la versione di Willie Nelson per rendersene conto.
Sam Brown è un brano di ispirazione country che vedrei molto bene in un disco di Willie Nelson: Calvin se la cava bene, il suono è soffice ma corposo al tempo stesso, con in evidenza piano e chitarra, mentre la ritmica ed il mandolino (Dickinson) creano la giusta cornice. È un Calvin Russell più rilassato, ma non per questo privo di mordente e la canzone è di quelle che si ricordano. Common One è più dura, ha più corpo, anche se una chitarra solista più energica le avrebbe sicuramente fatto del bene. Ballata desertica nello stile del nostro, si sviluppa su una tematica melodica classica, tesa e drammatica.
Wild Wild West è ancora più roccata. La chitarra, piuttosto monolitica, vibra duramente, mentre Hood ed Hawkins ci danno dentro di brutto: ma il brano non è originale. Somewhere Over The Rainbow, notissimo standard, è abbastanza molle: la voce di Calvin, arsa dal sole del deserto, non è adatta a certe dolcezze e l'accompagnamento è sin troppo zuccheroso. Meglio The Hole (omaggio al compianto Townes Van Zandt), che mantiene il pathos dell'autore, e si sviluppa nell'arco di sei minuti. Calvin parla e lascia scorrere la canzone, drammatica, del grande texano: una bella rilettura, piena di amore e di rispetto. That Wouldn't Be Enough è una ballata soffice, in cui la voce del leader è contornata da un piano liquido e da una chitarra arpeggiata: non particolarmente originale, ma semplice e diretta. Where The Blues Get Born è un blues rock possente, che richiama le sonorità dei vecchi dischi di Calvin: la chitarra vibra, basso e batteria sono rocciosi.
Convincente la parte centrale con il coro femminile in evidenza. Texas Bop (di Jim Dickinson) è un rock and roll deciso ed è tra le migliori del disco. Il suono è tosto, il piano vibra al punto giusto e ci rivela un solista di talento: East Memphis Slim. Retcha è una ballata elettrica dura, suonata con forza, che conferma il valore di questo texano assolutamente sconosciuto in patria. Si rivede il Calvin Russell classico dove forza e melodia sono fuse con padronanza: il suono ci ricorda quello di JJ Cale, ma in versione più elettrica. Chiude Dream of a Better World, ballata acustica di discreta fattura. Un buon album, ma abbastanza lontano dai primi dischi.