CALVIN RUSSELL (Soldier)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  30/01/2004
    

I due dischi precedenti - tre, se si considera il primo album «indipendente», sorta di prova generale prima del debutto ufficiale su New Rose - ne hanno fatto un «cult artist» in Europa, con ottime vendite in Francia (anche lui, come molti suoi connazionali, non è profeta in patria). Il nuovo album Soldier non sposta l'orizzonte sonoro, e probabilmente anche le prospettive commerciali, del texano, legato a doppio filo alle ricchissime radici musicali della sua terra.
Certo, chi cerca novità stilistiche e suoni del futuro, contaminazioni inedite e nuovi linguaggi musicali (ma esistono, nel panorama della musica di oggi?) dovrà rivolgersi altrove: Russell, a quarantanni suonati e con una lunga e oscura militanza nel circuito musicale di Austin alle spalle, non è il tipo da rimettere tutto in discussione ad ogni nuovo disco. Per di più, almeno ad un primo ascolto mancano in Soldier piatti forti come Crossroads e One Meatball; ma non c'è davvero di che preoccuparsi, perché Soldier, prodotto da Jim Dickinson, luminare del southern rock statunitense, è un album asciutto e roccioso, perfettamente bilanciato grazie a una band collaudata e ormai affiatatissima che sa andare diritta al cuore delle canzoni.
Rispetto alle recenti esibizioni dal vivo (anche in Italia), dove la band premeva spesso l'accelleratore su un rock di marca hard e su frequenti digressioni chitarristiche, il disco sposta il peso su equilibrate sonorità elettro-acustiche, e in un paio di episodi si affida esclusivamente alla voce calda del leader accompagnata dalla sola chitarra (accade in I Dreamed I Saw, uno struggente, breve frammento folk, e in This Could Be The Time, più risaputa).
Il chitarrista Gary Craft e i fratelli David e Leland Waddell (basso e batteria, rispettivamente) rivestono di suoni secchi, spigolosi, essenziali divagando tra ballate stringate come Stranger e i forti sapori traditional di Shackles And Chains, una composizione risalente al secolo scorso (autore ignoto) rinforzata nell'occasione del pianoforte honky tonk di Dickinson.
In qualche caso Russel rischia qualcosa di più, sfiorando addirittura le sponde del metal in Down In Texas (di Spencer Perskin): è questo un episodio coraggioso (e riuscito), che si affianca a pagine più prevedibili ma efficaci come il ruvido blues acustico Rats And Roaches (già presentata in concerto: i suoni e le sirene della polizia che l'accompagnano sono colte direttamente dalle strade del centro di Memphis, informano le note di copertina) e This Is Your World, qui presente in una versione remixata a Memphis, dove il team si è recato dopo aver registrato agli Arlyn Studios di Austin.