ROBERT EARL KEEN (Live From Austin)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  17/01/2005
    

Nella serie Live From Austin, con Steve Earle, già recensito e i Flatlanders, esaminati a latere, ecco Robert Earl Keen, presente da subito in quanto uno dei più validi cantautori texani sulla breccia da una ventina d'anni a questa parte. Essendo un musicista assai trascinante sulla scena, questa non è la sua prima proposta del genere, naturalmente, è addirittura la terza, in una discografia di solo una dozzina di album, la precedono The Live Album dell'88 e No. 2 Live Dinner del '96, entrambe buone e convincenti.
È la prova di quanto renda e piaccia davanti al pubblico un paladino del confronto diretto, dell'esibizione senza risparmio, del ricorso sistematico alla passione e allo humor. Forse avremmo potuto attenderci qualcosa di più stavolta, maggior incisività ed efficacia, per esempio, ma non è possibile pretendere sempre e comunque dei passi in avanti. Può, deve bastare quanto è confezionato su misura per chi ascolta.
La registrazione offerta, effettua con il supporto dei fidi Rich Brotherton, chitarrista e Bill Whiteck, bassista, e dei nuovi Tom Van Schaik, batterista, Marty Muse, pedal steels guitarist e Bukka Allen, tastierista, risale ad un'esibizione televisiva dell'agosto del 2001, apparentemente ripresa per intero, quando il nostro eroe aveva appena terminato di incidere l'album Gravitational Forces, che sarebbe stato pubblicato all'inizio dell'autunno. Di questo disco quindi la rappresentanza di brani maggiore, cui sono affiancati materiale antecedente e alcuni testi tra i più significativi della sua carriera. Ben sette quindi, su diciassette, i motivi provenienti dal cd Lost Highway.
Not A Drop Of Rain, nel quale sembra prevalere una visione pessimistica del futuro, Wild Wind, eccellente ballad eseguita in un inconfondibile stile dylaniano, Goin' Nowhere Blues, che accentua l'invito a prendere con minor ansia le prove più importanti della vita, I Still Miss Someone, la riuscita cover del famoso pezzo di Johnny Cash, eseguita delicatamente con ampia riscossione di applausi a scena aperta, Snowin' On Raton, il delizioso omaggio a Townes Van Zandt che supera la versione di studio grazie alla superba interpretazione di Robert e al brillante lavoro dell'accordion che sembra un organo collocato a distanza, Walkin' Kane, il traditional filo bluegrassy con il violino di Bryan Duckworth in particolare evidenza, a rappresentare una delle più convincenti prestazioni di gruppo, The Road Goes On Forever, che era già stato cantato prima sempre dal vivo nel secondo dei due dischi Sugar Hill del genere, da considerarsi un classico della musica texana in tutti i sensi.
Dal precedente disco del '98 Walkin' Distance sono ripresi That Buckin' Song, sempre simpatico western swing con suo bel hippiaieh corale, Down That Dusty Trail, tipica prova di pure Texas country rock, Feelin' Good Again, un gran pezzo, ballad delicata e leggera propria del suo inconfondibile stile, Travelin' Light, strepitosa versione del motivo di Peter Case e Bob Neuwirth ancor più cajun che su disco.
Da Picnic del '97 ecco Shades Of Grey, uno dei testi più belli della raccolta, ballata dylaniana quasi western dove la chitarra elettrica si mette in bella evidenza tra una strofa e l'altra e nel break strumentale che divide con la steel e The Coming Home 0 The Son & Brother, altra gemma del disco pezzo, arioso e convincente carico di particolare nostalgia, dal live del '96 I'm Going To Town, brioso swing diventato più lungo ed intrigante, da A Bigger Piece Of Sky del '93 Blow You Away, eccellente ballata dal ritmo vivace ed incalzante. Quelli che potremmo chiamare hits rispondono ai titoli oltre che del già citato The Road Goes On Forever, di Dreadful Selfish Crime, il cui arrangiamento jazzy non giova a migliorarne il feeling e di Merry Christmas From The Family, che resta uno dei pezzi più rappresentativi della attuale realtà socio-familiare americana.