Qualcuno si ricorda dei Calobo?
David Andrews era il leader della formazione dell'Oregon, un ensemble pop-jazz-rock-jam che, solo qualche anno fa, aveva raggiunto una invidiabile popolarità (più di centomila dischi venduti solo con le proprie forze). Poi la band sì è separata ed i vari membri sono andati ognuno per la propria strada, senza raccogliere un minimo di quello che avevano seminato. David ha intrapreso anche lui la via solista, che aveva preannunciato già nel 1996 con l'EP
The Little Things, ed ha pubblicato due album di qualità nel giro di quattro anni,
Get Me Out of This Place, 2000, annunciava il volto cantautorale di David con un lavoro quieto ed intimista che poteva ricordare certe ballate di
Jackson Browne ed un suono molto southern California anni settanta.
Un disco che non ha avuto l'eco che ci poteva attendere ma che ha creato un folto gruppo di adepti che si sono aggiunti al già numeroso gruppo di fans di cui godevano ì Calobo.
Everything to Lose migliora ulteriormente le cose. Il disco ha una produzione di qualità, grazie a
Marvin Etzioni (che in passato aveva lavorato con Counting Crows e Toad the Wet Sprocket, ma anche Lone Justice) e sì avvale di musicisti di prim'ordine come
Ken Coomer (Wilco e Uncle Tupelo),
Bob Glaub (Jackson Browne),
Bucky Baxter (Bob Dylan, polistrumentista di valore),
Tammy Rogers (Emmy Harris),
Duane Jarvis (Lucinda Williams e John Prine) ed altri.
David sposta ii suo asse su un suono pianistico e, un pò alla Marc Cohn, regala grande musica e, quello che più conta, una serie di canzoni di qualità. Come l'iniziale
Everything to Lose, un pulito country rock alla Eagles, o la splendida
Completely che sembra uscita da un disco inciso a Los Angeles nella prima parte dei settanta. Voce alla Browne, uso del piano limpido e melodia profonda e ben costruita.
It Don't Cost Much è il punto più alto del disco, una ballata roots influenzata dalla musica country (la steel di
Bucky Baxter sugli scudi), dotata di una melodia forte ed intensa, personale e profonda, che colpisce ai primo ascolto e ti stende al secondo.
Una di quelle canzoni che entrano in circuito e non ne escono più. Andrews è un musicista di qualità, lo aveva dimostrato nei Calobo, e lo conferma con questo suo secondo disco. Un disco dal suono scarno e coinvolgente: un suono professionale ma anche personale.
Oh Mrs Johnson continua sulla linea melodica e cantautorale delle prime tre e offre note scarne per una ballad di impianto folk che affonda le sue radici nella tradizione (sempre Baxter, questa volta al mandolino, a dare un aiuto sostanziale).
Fadeaway è quadrata, diretta, elettrica ma sempre da cantautore: bel motivo di fondo, train fluido, canzone che scivola.
Treasure Today è un'altra gemma pianistica in cui la fulgida melodia viene lavorata molto bene dalla voce e dal piano, con il resto degli strumenti che entra in circolo lentamente. Voce calda, quasi passionale, Andrews mostra di essere un musicista a tutto tondo: è in grado di scrivere canzoni di peso e di arrangiarle in modo maturo e professionale.
Come confermano anche le seguenti composizioni: da
Ride of Your Life, lenta e rarefatta, all'elettrica
Don't Walk Away, dotata di una strumentazione elettroacustica deliziosa, dalla bluesata
At The Crossing alle conclusive
Common Good, ancora il piano in evidenza, e
Little Mary piccola canzone dalla melodia profonda.
David Andrews è un musicista ritrovato ed è sulla via della consacrazione come solista. E, probabilmente, io vedremo in Italia tra non molto.