ROGER CREAGER (Live Across Texas)
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  Recensione del  15/01/2005
    

Questo è uno dei dischi più trascinanti e travolgenti di Texas music apparsi negli ultimi tempi. Tutti i musicisti e le band del più grande stato americano ci hanno sempre abituati a prestazioni, vive, decise, senza risparmio, spesso senza respiro, perché è nella indole, nel loro dna di dare tutto quando si è sul palco. Ma raramente si è vista tanta energia, tanto coinvolgimento, tanto feeling, tanto andare oltre, come in questa circostanza. Bravo allora Roger Creager, da dieci anni ormai sulla breccia, che oltre ad essere stato accostato a Mellencamp e Steve Earle dicono abbia qualcosa anche di Dwyght Yoakam e Guy Clark, che con la sua scatenata Traveling Circus Family band da una lezione di spavaldo rockin' country ed impressionante Texas music.
Delle quattro prove finora realizzate in cd dal recording artist della Dualtone questa è la migliore anche perché suona come una sorta di best capace di offrire una selezione di ben quindici pezzi. Le registrazioni provengono da una accurata selezione di quattro concerti tenutisi lo scorso anno in noti locali di Houston e Gruene, e mettono insieme materiale di tutti i dischi precedenti, oltre ad una cover eseguita quasi per caso in uno dei soundcheck preparatori. Chi non conosce Roger ne approfitti, tenendo conto che in studio non arriva fino a tanto. Dal primo cd Having Fun All Wrong del '98 ecco la title track naturalmente, spumeggiante Texas country song dedicata all'estate del '96 che gli ha cambiato la vita, essendo stata l'occasione per Roger di vedere per la prima volta dal vivo i suoi idoli Jerry Jeff Walker, Waylon Jennings, Willie Nelson e Robert Earl Keen.
Poi The Everclear Song, brillante ballad filo bluegrass di Ethan Messick cantata insieme al pubblico, che viene spesso presa per una canzone di Pat Green e una splendida cover di LA. Freeway, uno dei più bei brani in assoluto di Guy Clark, in edizione personale molto tirata che toglie il respiro (non è la mia cover preferita però, lascio al primo posto quella di Jesse Hunter apparsa in Man Like Me del '93).
Il secondo disco I Got The Guns è rappresentato da ben sette pezzi: la title track in primo luogo, story ballad ispirata dall'attacco giapponese a Pearl Harbour che ha trascinato gli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, con interessante assolo di chitarra acustica cui nel finale si aggiunge quella elettrica.
Things Look Good Around Here, pezzo di scorrevolissimo southern country, riflessione su di un party tra amici terminato solo con l'arrivo della polizia, Mother's A Redneck, pianistico boogie rock composto da John Evans per nulla apprezzato dalla mamma di Roger, Should've Learned By Now, classica love ballad che inizia in chiave acustica per poi diventare elettrica, una considerazione su di un amor finito per colpa del suo autore, Storybook, hard rockin' country suggerito a Roger, che suona anche l'armonica, dalla lettura di Melville, (Moby Dick) e Mark Twain (Huckleberry Finn), Love, sorta di "psyco" country song, secondo la definizione di Justin Pollard, batterista della band di Pat Green, di cui il pubblico si impadronisce.
Rancho Grande, noto brano tex-mex proposto in duetto con il padre William dove la lingua spagnola e la fisarmonica la fanno da padrone mandando i presenti in visibilio. Dall'ultimo album di studio Long Way To Mexico del 2003 Roger & Co. cantano la title track, diventata assai più tosta on stage, Shreveport In New Orleans, dixie swing dove la tromba di Creager prende il posto del clarinetto, Good Old Days, honky tonk song particolarmente efficace e Late Night Case Of The Blues, superba ballata densa di carica emotiva e pathos, con begli assolo di chitarra elettrica e un delicatissimo finale, la più bella canzone che abbia scritto, sostiene Roger (e noi potremmo essere d'accordo).
La cover inedita, ripresa durante le prove di un concerto, è un bel pezzo di Jimmy Buffett, che abbiamo già visto non essere estraneo alla country music: si tratta di A Pirate Looks At Forty, stupendo brano degli anni settanta che manifesta tutto l'amore possibile per il mare, ascoltato lo scorso anno nel tributo alla musica di Buffett da parte dei Buffetiers, di cui piace l'esecuzione spontanea, naturale, che coinvolge passo dopo passo come se i protagonisti si rendessero conto strada facendo di fare sul serio, in un crescendo di convinzione e sicurezza.