BARBARA CUE (Rhythm Oil)
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  Recensione del  15/01/2005
    

Rhythm oil dei Barbara Cue non č l'esordio di una nuova cantautrice, come il nome potrebbe sottintendere, ma il secondo lavoro di alcuni veterani della florida scena artistica di Athens, Georgia: Todd Nance, batterista dei Widespread Panic, William Tonks, chitarrista dei Six String Drag, John Neff, pedal steel player degli Star Room Boys e dei Drive by Truckers, Paul "Crumpy" Edwards, bassista della band di John Hermann, Jon Mills ed il produttore David Barbe, accomunati da una passione per la musica degli NRBQ, danno vita a questo supergruppo nel '97 e cominciano ad esibirsi in maniera del tutto informale in alcuni locali della cittą.
Dopo alcuni nastri realizzati per puro diletto, la band entra in sala di registrazione per incidere l'esordio Louisiana Truckstop e continua a mantenere vivo il progetto, dedicandovi le pause dall'attivitą con le rispettive formazioni. La musica contenuta nel nuovo Rhythm oil č un brillante amalgama di country, rock e rhythm & blues dalle venature sudiste, che si snoda attraverso morbide ballate e sanguigni rock 'n' roll, in pratica la ricetta del classico rock americano da Tom Petty ai Lynyrd Skynyrd. Pur senza essere un capolavoro, Rhythm oil raccoglie una manciata di belle canzoni dalla limpida linea melodica e dal suono fresco e chitarristico, che evidenziano la grande tecnica di questi musicisti.
Nonostante la presenza del poderoso batterista dei Panic, la musica dei Barbara Cue non segue dinamiche propriamente jam, anche se le chitarre vengono spesso lasciate correre, ma gira intorno ad un vitale impasto di radici e rock 'n'roll, che assume contorni roots in evocative ballate come New name, attraversata da sinuosi fraseggi di steel guitar, o marcate connotazioni southern nei brani rock, come Cloven hoof, in cui le due chitarre danno vita ad incandescenti assolo.
Rhythm oil č classica american music, semplice e diretta, con i suoni al posto giusto, una buona dose di feeling ed arrangiamenti che sembrano riflettere la filosofia spicciola del "buona la prima", senza essere approssimativi o grossolani.
Onesto e spontaneo, il disco alterna decise cavalcate elettriche come I get lonely, attraversata da ruvidi intrecci chitarristici con tensioni e dinamiche da southern rock, riff presi a prestito dagli Stones nella potente Everywhere o nella conclusiva e scatenata Do you read me, melodici mid-tempo come l'iniziale Explode e ballatone dal suono caldo ed avvolgente come Talking to myself, virata al blues, o le elettro-acustiche Reasons e Walls, che non sfigurerebbero nel repertorio di John Hiatt.
Piacevole e per nulla scontato, Rhythm oil č un side-project di lusso, in cui i protagonisti riescono a far convergere energia e mestiere con incredibile spontaneitą.