PHISH (Hampton Comes Alive)
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  Recensione del  31/01/2004
    

Questo box è il terzo live ufficiale dei Phish: dopo il million seller A Live One ed il sintetico Slip, Stitch and Pass. Ma non è, come non era in passato, un'occasione per raccogliere i brani più famosi e creare così una sorta di Greatest Hits registrato dal vivo: è un'esperienza sonora unica, una sventagliata di energia incredibile.
Un sestuplo non è facile da digerire. Quindi Anastasio e soci hanno deciso di previlegiare un repertorio con molte canzoni che si alternano a jam medio lunghe: ci sono brani lunghi, ma non lunghissimi, ed una valanga di canzoni inedite, tra cui diverse covers. Ma questo sta nelle regole del gioco, nei fatto di essere sempre al posto giusto nel momento giusto, quindi di essere in grado di suonare (forse è meglio dire rappresentare) brani di diversa estrazione, popolari e non, di culto e non, vecchi e nuovi, sconosciuti o famosissimi. La Philosophia-Phish è anche questo.
Le due serate di Hampton ci mostrano una band in forma smagliante, con il pianista Page Mc Connell semplicemente strepitoso, ma anche la sezione ritmica di Mike Gordon e Jon Fishman sempre attenta, mentre Trey Anastasio è il vero centro motore della band, con la sua chitarra liquida e spigolosa, i suo assoli lunghissimi, il suo fraseggio liquido. Ormai è uno dei migliori sulla scena e questo concerto lo conferma appieno. Il sestuplo si divide in due parti: il concerto del 20 e quello del 21 novembre 1988, equamente incisi ognuno su tre CD.
La durata totale dei sei CD è di oltre cinque ore, con ogni concerto che dura più di due ore e mezza. Non ci sono ripetizioni tra le due performances, non ci sono brani in comune, quasi fosse un'unico concerto della durata straordinaria di cinque ore abbondanti. Ma quello che, oltre a quanto abbiamo già scritto, colpisce maggiormente è la nitidezza del suono, la bellezza della performance, la bravura dei musicisti. Rispetto ai due live pubblicati ufficialmente, questo concerto è molto equilibrato e spazia totalmente sull'universo musicale del gruppo. Che i Phish fossero bravi già lo si sapeva, ma questo cofanetto è la loro tesi di laurea. Cinque ore a livello stratosferico con dentro di tutto: dai momenti più esaltanti ad altri (ma sono veramente pochi), di cui si poteva fare ameno (come il brano di Willie Smith o quello dei Beastie Boys).
Ma vista la monumentalità dell'opera, andiamo con ordine e vediamo di sviscerare il box canzone per canzone.

HAMPTON, VIRGINIA, 20 Novembre 1998
CD 1

L'apertura non è usuale: Rock 'n ' Roll Part 2. Si tratta di un vecchio brano glam, tratto dal repertorio di Gary Glitter, in versione strumentale con tanto di screams da parte della band. Un divertimento di due minuti. Poi entra Tube: un inedito spesso eseguito in concerto che la band ha iniziato a suonare nel 1990.
Brano teso, vive sulle vibrazioni della chitarra di Trey, e su una ritmica coincisa e vibrante mentre McConnell innaffia il tutto con un assolo vagamente jazzy. Saltuariamente è stato eseguito in versione jam. Quinn The Eskimo (conosciuta anche come The Mighty Quinn) è la prima vera sorpresa della serata. Il brano di Bob Dylan fuoriesce da Tube e prende forma in modo sostanzioso. Suonata con gioia e cantata all'unisono, la bella composizione dylaniana è un esercizio di stile personale: una delle tante prove di eclettisimo del quartetto. La forma canzone prevale sulla forma jam: splendida e coinvolgente. Funky Bitch è un sano blues di Son Seals suonato con grande forza: il concerto inizia con quattro inediti, anche in questo sta la forza della band.
La blues jam si estende per quasi sette minuti, con Page all'organo, la sezione ritmica sempre presente e Trey che dardeggia bellamente nella parte finale. Guelah Papyrus arriva da Picture of Nectar ed è un brano che esprime appieno la pazzia sonora del quartetto. La versione è diversa dal solito, specialmente nella parte finale, molto più estesa. McConnell lavora di fino al piano e la band va per vie traverse improvvisando di continuo, senza seguire un tema melodico preciso, ma lasciando fluire gli strumenti. Rift (tratta da Rift) è la solita travolgente bluegrass-country-jam suonata a duecento allora, dotata di una melodia fervida e godibile dalla prima all'ultima nota, senza mai prendersi un attimo di tregua: Mac Connell ed Anastasio eccezionali. Meat (tratta dall'ultimo album Story of Ghost) e Stash (tratta da Picture of Nectar) chiudono il primo CD con una lunga jam, inframezzata da un tipico Phish-space, di circa venti minuti.
Dopo il travolgente entusiasmo di Rift, Stash porta il suono verso un ambito leggermente più funk ma senza perdere di vista il tema melodico che, rispetto alla timida versione di studio, ha qui una vitalità decisamente maggiore. Pur non essendo tra le mie canzoni preferite (al contrario della precedente) questa versione estesa rende maggiore giustizia al brano che sfocia poi nella splendida e fluida Stash, uno dei momenti più importanti della serata, con il pubblico che, come al solito, applaude ad ogni stacco strumentale. Ormai è una consuetudine. La lunga versione, voci comprese, è un trip irresistibile attraverso le tipologie classiche della band e la versione è tra le migliori che io abbia mai sentito.

CD 2
Inizia con Train Song (Billy Breathes) che rallenta toni e ritmi e porta la dolcezza di una canzone-canzone dopo una tour de force strumentale di grande intensità. Brano intimo che serve da intermezzo tra Stash e quello seguente. Possum è un inedito di vecchia data, la band lo suonava già dal 1985, ed è uno dei più popolari nei concerti. Il suono è decisamente rock, con riminiscenze sudiste (alcuni lo hanno avvicinato allo swamp sound dei Lynyrd Skynryd o del primo JJ Cale, e non sono andati lontano).
Canzone dalla tematica semplice, ben giocata sulle voci (cante Mike), con Anastasio che domina dall'alto della sua statura di chitarrista extraordinaire Roggae (The Story of Ghost) non è stata molto considerata (almeno da me), nella sua studio versioni di ben altra pasta è questa versione che lascia via libera alla bella linea melodica e sviluppa sonorità intense nei suoi otto minuti abbondanti. Molto bella la parte centrale con lunghi stacchi strumentali: un brano dal tessuto epico melodico che nella studio version non si poteva immaginare certamente sotto queste veste.
Driver è un altro inedito: si tratta di un breve brano acustico che scioglie le tensioni ed allenta i muscoli sugli strumenti. Di recente i Phish hanno la tendenza ad inserire, dal vivo, brevi brani acustici (sulla linea delle canzoni di Billy Breathes): brevi ballate dal testo umoristico (come questa) che avvicinano maggiormente il pubblico alla band. Il motivo è di chiara impronta country ed è decisamente gradevole. Chiude il secondo CD un'altra lunga jam (tredici minuti): Split Open and Melt (tratta da Nectar). Puro esercizio di stile mentale, con lunghissime digressioni di piano e chitarra in completa libertà: le voci fungono da calo di tensione e gli strumenti rinfocolano il vigore della performance. Jam stellare di grande presa dal crescendo travolgente.

CD 3
Inizia il secondo set della prima serata. Bathub Gin (Lawn Boy) è una delle più vecchie ed amate jam songs della band. E' un contenitore di suoni: spesso la band jamma verso il jazz in questa canzone, incorporando elementi tratti dal repertorio di Monk o, come in questo caso, con il riff di Rhapsody in Blue di Gershwin accennato da Page.
Trey lavora di fino e la band lo segue in modo creativo: quasi un quarto d'ora di continui stacchi ed assoli, senza un attimo di pausa ne cali di tensione. Puro jammin sound con i quattro che, di volta in volta, si creano il proprio alveo per fare emergere lo strumento guida. Esempio tipico del jam sound anni novanta: Bathub è un contenitorie di idee, oltre che di suoni. Piper è un ennesimo inedito. Si tratta di una ballata dal crescendo irresistibile, molto popolare tra i Phish-Phans.
Il brano, strumentale nella parte iniziale, è un gioco incredibile di incroci melodici sostenuto da un crescendo continuo, con il piano che fa le veci del leader tessendo melodie infinite. Un ennesimo esempio della assoluta bravura della band nell'inventare: l'entrata delle voci, all'unisono, è da brivido. Axilla 1 (Hoist) rallenta ancora i toni, la gente si scalda perché la conosce a memoria, e la canzone scivola senza sorprese. Roses Are Free è la cover di una canzone discreta, che i Phish migliorano, dei Ween. Farmhouse è un'inedito: si tratta di una composizione a tema folk rock, estremamente piacevole, una canzone d'altri tempi, con una bella chitarra fluida che segue un tema melodico classico.
Tra le cose migliori composte da Trey e soci ultimamente (è del '97): la vedremo sicuramente su uno dei prossimi album di studio: è relativamente nuova, ma è già popolare nei Phish-circuit, vista l'accoglienza della gente alle prime note. Organo spesso, applausi, attesa: è la volta della cover di Getting' Jiggy Wit It. Il noto brano dell'attore cantante Will Smith non gode certo dei mie favori ed anche se l'esecuzione è impeccabile e gronda di una solida dose di humor (il solito Fishman che,con elmo vichingo, fa il classico "vacum solo") ne avrei volentieri fatto a meno. Ci pensa Harry Hood (A Live One) a togliermi i dubbi. Si tratta di uno standard nei concerti della band, un'occasione per mischiare bravura e simpatia: è un phavorite presso i Phans.
Improvvisazione pura, con richiami al tema melodico della trilogia di Star Wars ed altre diavolerie. Quasi un quarto d'ora e poi è la volta di Character Zero (Billy Breathes) una piece acustica che stempera gli umori e gioca molto sull'uso delle voci, prima di aprirsi alla grande agli strumenti. Finale di serata con una travolgente Cavern (Nectar) in cui, oltre ai quattro, c'è la tromba di Carl "Gers" Gerhardt. Serata di grandi emozioni, ma non è finita.

HAMPTON, VIRGINIA, 21 Novembre 1998
CD 4

Apre Wilson una canzone estremamente popolare tra Phans della band. Era già sul doppio dal vivo, in versione più estesa, qui è più sintetica, elettrica, ritmata. Solo sette minuti, ma di sostanza. Segue l'inedita Big Black Furry Creature from Mars. Non è una delle mie Phish song favorite: si tratta di un'esercizio di puro hard core, sì avete letto bene, punk puro, tirato allo spasimo, senza mezzi termini né oasi melodiche.
Ha debuttato nel 1987 e non è mai cambiata e appare, anche se saltuariamente, nei concerti del gruppo. Lawn Boy (tratta dal disco omonimo) smorza la tensione creata da BBFCFM: breve ma intensa. Splendida per contro la lunghissima (più di quindici minuti) Divided Sky (Junta). Brillantissima jam pianistica dalla melodia turgida e dalla sonorità stellare. Versione fenomenale, anche a detta dei Phans, tra le cose più belle ascoltate nell'intero weekend. Il gioco delle voci e la fluidità degli strumenti sono il centro motore delie canzone: una jam song di grande qualità, una di quelle che definiscono la grandezza e l'immensa bravura della band.
Il protagonista del brano è Page Mc Connell che sfodera tutta la sua bravura e la sua profonda conoscenza del proprio strumento. La gente assiste ammutolita, per poi lasciarsi andare a frenetici applausi: le pause melodiche, le oasi strumentali sono da brivido. Da sentire ad occhi chiusi. Cry Baby Cry (The Beatles) è un puro divertimento, tanto per sciogliere i muscoli: buona cover di una discreta canzone (è tratta dal White Album). Subito di seguito un'altra cover Boogie on Reggae Woman (Stevie Wonder), tanto per mostrare di che pasta sono fatti, di come passano dall'oro al ferro, da come saltano di palo in frasca.
Anche in questo caso la bravura della band è tale che la canzone, non tra le mie favorite, piace sin dal primo ascolto: tesa, ben cantata, suonata con la solita bravura, non lascia spazio a dubbi. McConnell sugli scudi anche in questo caso. Chiude Nicu, ennesimo inedito, che ha debuttato nei concerti nel '92. Titolo ermetico per una tipica Phish song, piacevole ed adeguatamente intrigante.

CD 5
Dogs Stole Things è l'ennesimo inedito del concerto. Composizione di stampo classico, vive sul piano e sulla chitarra e su una parte vocale di riguardo: non ha una melodia trascendentale, ma l'insieme è godibile ed il crescendo decisamente potente. Altro inedito, Nellie Kane, che è la trasposizione, in puro Phish-style, di un tradizionale bluegrass dei monti appalachi, che arriva dal repertorio degli Stanley Brothers. Una bloccata d'aria fresca, con Mc Connnell che fa il verso al banjo e la band che segue con il classico boom chicka boom d'accompagnamento (I ragazzi la "inventano" dal '93). Non c'è il tempo di respirare che i quattro attaccano Foam (Junta).
Bella versione, forse non particolarmente ispirata, ma di robusta ossatura e con una intermission melodica di spessore. Poi ci sono due canzoni di Ghost e culminano con uno dei momenti migliori dell'intero set. Infatti sono le due canzoni più belle dell'ultimo album e la resa dal vivo è semplicemente strepitosa. Wading in The Velvet Sea è tra le melodie più intense e profonde mai scritte da Anastasio e soci e questa versione travolge quella pur bella del disco di studio: grandi armonie vocali e splendida performance di Page, ma anche dell'intera band.
La dolcezza del brano viene resa alla perfezione dal suono caldo e coinvolgente che porta il pubblico a spellarsi le mani. Meglio ancora la free form jam Guyute accolta da un fragoroso applauso. Dieci minuti di puro jam sound con una melodia di base molto attraente. Grande lavoro strumentale e crescendo incalzante che coinvolge l'ascoltatore tanto che, una volta terminata, verrebbe voglia di rimetterla subito di nuovo. Questi sono i Phish amici, questa è la band che abbiamo sempre ammirato e sostenuto. Grande musica e performance a dire poco formidabile: ascoltate l'entrata del piano dopo circa un minuto e mezzo di cantato, e poi seguite attentamente il proseguito della canzone.
Chiude il quinto CD una grintosa cover (è considerata tra le migliori, se non la migliore di questo brano, eseguita dai Phish) di Bold as Love (Jimi Hendrix). Trey è un grande fan di Jimi e non poteva non mettere qualche cosa di suo nel concerto. La jam centrale, il falso finale sono talmente spettacolari da superare persino la vera jam di chiusura.

CD 6
Inizia il secondo set della seconda serata Sabotage è tratta dal repertorio dei Beastie Boys e, pur non creando in me alcuna aspettativa, la versione ha dalla sua una grinta notevole: Trey canta come un ossesso. Ne avrei fatto anche a meno. Finalmente Mike's Song appare in tutta la sua sostanza su un album dei Phish (era già su Slip, Stitch and Pass). Dodici minuti di pura jam per una delle più vecchie canzoni della band (ha debuttato nel 1985). Il suono robusto, i quattro vanno all'unisono, e l'atmosfera si fa calda e coinvolgente, vibrante e potente. Quando Trey prende le redini, la canzone vola.
Altra jam di oltre un quarto d'ora con Simple (già apparsa su A Live One): i Phans amano ed odiano questa canzone. C'è chi la considera grande e chi una noia mortale. Da parte mia non la considero tra le mie favorite, ma questa versione, pur relativamente lunga, non si perde in preamboli assurdi ed il tutto funziona bene. Buono l'uso delle voci, ottima la parte strumentale. The Wedge (Rift).Quando c'è di mezzo Rift mi va tutto bene, è uno dei miei album preferiti. Amo questa canzone e questa versione è assolutamente coinvolgente: una delle molte ciliegine sulla torta della serata. The Mango Song (Nectar): è sempre un piacere sentirla, ascoltare gli strumenti che entrano lentamente, scoprire nota per nota la melodia che cresce. Le voci sono in tono e la parte musicale scintillante.
Cosa volere di più? Free (Billy Breathes) viene presentata come una lunga jam che incorpora anche lo scherzo vocale di Fishman Ha! Ha! Ha! La potenza della melodia di Free, tra le più belle composte dal gruppo negli ultimi anni, viene volutamente spezzata dalla idiozia voluta di Fishman, poi si torna a Free ed il cerchio si chiude. Weekapaug Groove (Slip Stitch and Pass) è una funky jam molto solida, non particolarmente coinvolgente, ma quadratata. Chiude, a sorpresa, la serata una divertente versione, si tratta di una cover, del successo dei Chumbawamba Tubthumping. Toni Marshall alla voce ed il solito Carl Gerhardt alla tromba.
Canzone volutamente ironica, cantata in modo gogliardico, secondo una delle costanti del gruppo. Trionfale serata, anzi doppia serata, con momenti splendidi ed una energia straordinaria che percorre più o meno tutti i brani. Ce ne sono tre sottotono ma su cinque ore abbondanti di musica mi sembrano una bazzecola.
Uno dei dischi dal vivo più importanti della storia del rock.