TOM PETTY AND THE HEARTBREAKERS (Playback)
Discografia border=Pelle

          

  Recensione del  30/01/2004
    

Petty ha esordito nel 1976 e, giusto il prossimo anno, sono venti anni che il nostro rocker è sulla strada. Venti anni non sono pochi, ma sono addirittura ventitre se si considera che i primi passi li ha fatti nel '73 come leader dei Mudcrutch. Tom, nato a Gainesville, Florida, nel '52 è un rocker di statura superiore. È venuto fuori dal nulla ed ha sorpreso tutti con un suono chitarristico che stava in bilico tra l'armonia di una band californiana e la durezza di una rock band newyorkese e lo ha fatto dopo la metà dei settanta quando disco music, Kiss sound, hard rock, country rock di maniera e pinkfloydate dominavano le classìfiche.
Petty ha saputo crearsi uno stile ricco e pieno di tradizioni, prendendo spunto dal rock'n'roll puro, direi fondamentalista, dei Rolling Stones e dalle alchimie folk rock, piene di idee e molto gradevoli, dei Byrds: la sua idea di musica è tutta qui. Niente di trascendentale, è vero, ma Petty ha saputo mettere in pratica questi insegnamenti, ha saputo crearsi uno stile, con quella voce particolare e le chitarre sempre in evidenza, forgiando un suono nitido e mai sovrastrumentato, un suono rock, semplice ed essenziale che, dagli esordi ai giorni nostri, è diventato il suo marchio di fabbrica.
Il jingle jangle byrdsiano ha trovato negli Heartbreakers dì Petty la sua prima sublimazione, poi band come i R.E.M. e molte altre hanno continuato in seguito la rivitalizzazione di quel suono che ha sanzionato un 'epoca. «Narra la leggenda che Roger McGuinn leader dei Byrds, mentre guidava la sua macchina, ascoltò per la prima volta «American girl» alla radio, e pensò che fosse una canzone che aveva registrato e poi dimenticato. Quando capì che non lo era, incise lui stesso il brano ma non riuscì a convincere la sua casa discografica che avrebbe potuto essere un successo e che bisognava pubblicarla come singolo.
La canzone divenne poi il primo successo radiofonico di Petty (ma non uscì mai come singolo)». Non ci sono solo Stones e Byrds nella formazione musicale di Tom, ma anche Merle Haggard, Beatles, Dylan, Elvis, l'english Beat, Hank Williams, Johnny Cash e, buon ultimo, il Southern rock. Petty è un rocker, uno dei grandi, lo ha dimostrato con la sua serietà e, sopratutto, con la sua musica. «Playback» lo conferma ampiamente attraverso i suoi sei CD, tre già conosciuti, tre nuovi o quasi: ventisette brani totalmente inediti, più live versions, b-sides, rarità, outtakes e, chi più ne ha più ne metta, per la felicità del fan, il piacere del collezionista e la sorpresa del neofita.

IL COFANETTO
90 canzoni: 27 inediti assoluti, 15 rarità, il resto tratto, da due fino a sei canzoni per disco, dai suoi primi dieci albums.
Un'orgia di rock chitarristico in cui gli inediti sorprendono non poco: canzoni come «Stop draggin' my heart around» o «Waiting for tonight» ci lasciano di stucco, avrebbero potuto tranquillamente diventare dei potenziali hit singles per il suo autore invece lui li ha relegati in un cassetto. O «Wooden heart» vecchio successo di Presley, inciso dal re del rock 'n ' roll appena tornato a casa dal servizio militare (la canzone, originariamente è stata un successo in Germania e l'autore è il famoso Bert Kaempfert), ballad splendida.
«Somethin' else» di Eddie Cochran, registrata dal vivo alla fine dei settanta, o i brani rock, tesi come una lama, «I got my mind made up», «Can't get her out» e «You came through». Non sono scarti, per nulla: musica sana, pettyana al cento per cento, con il dogma del rock, quello vero, inserito in ogni nota.

DISCO PER DISCO
Il primo album, datato '76, «Tom Petty and the Heartbreakers» inizia la lunga avventura del ragazzo di Gainesville, assieme ai compagni Mike Campbell, con lui dagli anni sessanta, Stan Lynch, Benmont Tench e Ron Blair (in seguito, uscito Blair, Howie Epstein): la strepitosa «American girl» quindi «Breakdown», «Hometown blues» e «Anything that's rock 'n ' roll» rappresentano quel disco.
Voce nasale, tra Dylan e McGuinn, suono della 12 corde molto byrdsiano, musica fiera delle proprie radici e decisa in tutto e per tutto a proporle. «You're gonna get it» ('78) si avvicina maggiormente al modello Dylan-Stones, con Campbell che suona quasi fosse in una session di «Blonde on blonde» e ci elargisce canzoni come «I need to know», l'eccellente «Listen to her heart», «When the time comes», «Too much ain't enough», «No second toughts», «Baby 's a rock 'n ' roller». Ma è con il terzo disco, «Damn the torpedoes» ('79) che la band fa il grande salto: il disco entra nei top dieci e Petty diventa una super star.
Grande disco «Torpedoes», il suono è più fluido, le chitarre scorrono meglio e la penna dell'autore è più che mai fiera e convinta delle proprie radici e ci regala, è proprio il caso di dirlo, canzoni come «Refugee», «Here comes my girl», «Even the losers», «Don't do me like that» e «Shadow of a doubt» tutte comprese, ovviamente, in questo cofanetto. Passano due anni, 1981, ed è la volta di «Hard promises»: il disco si apre con «The waiting» una delle grandi composizioni pettyane, e prosegue, seppure su uno standard inferiore al precedente disco, con «A woman in love», «Something big», «Insider», «A thing about you», «You can still change your mind».
L'anno dopo arriva «Long after dark»: è il 1982, siamo in estate e nelle classifiche americane maramaldeggia John Coougar con il suo «Jack and Diane», tratto dal fortunato «American fool». E Tom risponde con un grande inno byrdsiano: «You got lucky», composizione dai mille sapori, chitarristica nella sua essenza, quindi «Change of heart», la possente «Straight into darkness», «The same old you». «Southern accents» (1985) è un disco che, al tempo, non avevo valutato secondo il suo reale valore: mi era sembrato sovrasturmentato e poco creativo. Risentendolo oggi cambio radicalmente parere: non dico che sia il disco migliore di Tom, ma è un cambio voluto e sincero, che taglia certi ponti (sonori) con il passato per allargare il suo orizzonte con arrangiamenti spesso molto interessanti.
«Rebels» è un ricordo della guerra di secessione, malinconica e piena di pathos; «Don't come around here no more», puro inno alla psichedelia, è una delle cose più bèlle mai messe su disco da Petty; «Make it better», «Southern accents», «The best of everything», completano i brani tratti da quell'album inciso con la collaborazione dell'Eurythmics Bave Stewart. Nell'85 Tom ha pubblicato anche il suo primo (e fino ad ora unico) disco dal vivo: «Pack up the plantation, Live».
Album doppio, Cd singolo, «Plantation» cattura lo spinto degli Heartbreakers anche se la performance mi sembra comuqnue inferiore a quella che, qualche anno dopo uscirà solo in forma di videocassetta, e che risponde al titolo di «Take the highway». Dal live vengono scelte due covers: «So you want to be a rock 'n ' roll star» dei Byrds e «Don't bring me down» degli Animals. «Let me up» non è un grande disco, è nella media Heartbreakers, ma, almeno a mio parere, rimane uno dei meno riusciti: apre «Jammin' me» (scritta a quattro mani con Dylan), quindi «It'll all work out», «Think about me» ed «A self made man». Nel 1989 Tom riincontra Jeff Lynne, già compagno nella folle congrega dei Traveling Wilburys e registra il suo primo album senza gli Heartbreakers: «Full moon fever».
Il disco è un trionfo: il singolo apripista «Free fallin'» (scritti con Lynne, fanatico dei Beatles), è un successo formidabile è rimane una delle grandi canzoni del nostro. Ma anche il resto non è da meno: «I won't back down», «Runnin' down a dream», «Yer so bad», quindi «Alright far now», «Love is a long road» confermano la qualità di scrittura del nostro rocker. «Into the great wide open» ('91) riunisce Petty con la sua band: l'album è chitarristico e rilassato e mostra un ritorno verso atmosfere più classiche: niente contaminazioni beatlesiane o pop alla E.L.O. (che «Full moon fever» aveva in un certo modo evidenziato), ma solo musica semplice e diretta, puro rock and roll.
Ed il disco viaggia molto alto nelle classifiche americane: «Learning to fly» è una delle cose più belle, ma anche la title track, «All or nothing», «Built to last» ed «Out in the cold» stanno lì a segnare la storia di questa grande rock band. «Mary Jane's last dance» ('93) è uno dei due inediti del «Greatest hits», la perfetta antologia rock da mettere in macchina, mentre la rara «It's christmas all over again» era apparsa solo sull'album della A&M «A very special Christmas Vol 2».

LE RARITÀ
«I don 't know what to say to you» è uscita come singolo nel '78 (b side di «Listen to her heart»), ma è stata registrata per il primo album degli Heartbreakers: e c'è John Sebastian alla chitarra e la canzone, ci sono ben tre chitarre, è ancora molto interessante. «Casa dega», outtake di «Torpedoes» ('79), è stata la b-side di «Don't do me like that», «Here comes my girl» e, più recentemente «Mary Jane's last dance»: buon brano rock ma senza pretese. «Heartbreakers beach party» ('83), b-side di «Change of heart», è un divertimento puro e semplice, con il percussionista Phil Jones al bongo, varie voci dietro alla strumentazione ed una sorta di atmosfera stile Beach Boys party.
«Trailer» ('84) è una grande canzone, registrata durante le sessions di «Southern accents», è stata usata solo come b-side (anche in Italia !!!!) di «Don't come around here no more». «Crackin' up» è la cover di una cult song di Nick Lowe ed è stata usata come back side di «Make it better»: pop song nella pura accezione del termine. «Pyschotic reaction» (registrata dal vivo a Reno nel '91) è la cover di un noto successo dei Count Five, un brano epocale dei sessanta: Lynch canta, con Scott Thurston alla seconda chitarra. «I'm tired Joey Boy» (dal vivo a Reno nel '91) è ancora una cover: questa volta si tratta di Van Morrison (Petty è un suo fan e considera «Avalon sunset» uno dei suoi dischi preferiti da sempre): c'è Thruston alla slide e la canzone prende una forma diversa nella esecuzione di Tom, perdendo parte del suo pathos ma acquistando, per contro, in essenza rock.
Ennesima cover: «Lonely weekends» (registrata dal vivo ad Oakland nel '91), vecchio standard del compianto Charlie Rich, omaggio dovuto di un figlio del sud ad un suo grande conterraneo. «Gator on the lawn» ('81) è uno psychobilly usato come back side per «A woman in love» e «Mary Jane's last dance», mentre «Make that connection» ('87) è una outtake di «Let me up» ed è stata usata come b-side per «Jammin' me»: registrata live in studio non è un brano essenziale, ma ha sempre quel particolare suono che distingue ogni incisione degli Heartbreakers. «Down the line» ( '89), outtake di «Full moon fever» è stata usata come b-side per vari singoli: «Mary Jane 's last dance», «Free fallin» e «Runnin down a dream»: puro R&B, con tanto di sax, è un brano piacevole. «Peace in L.A. (Peace mix)» ('92) è un singolo benefico che Petty e gli Heartbreakers hanno inciso dopo i noti disordini razziali del '92 a Los Angeles, in seguito alla assoluzione dei poliziotti che avevano percosso Rodney King: non è un grande brano, anzi a mio parere vale ben poco, ma rimane un singolo molto raro, edito, tra l'altro, solo in Usa.
«It's raining again» ('80), b-side di «Refugee», è un brano dal sapore rollingstoniano, quasi fosse uno scarto del mitico «Beggar's banquet». «Somethin' else» (registrata dal vivo a Londra, Hammersmith Odeon, 1978) è la cover di un noto successo degli anni cinquanta del rocker Eddie Cochran: la versione degli Heartbrekers è secca e tagliente. «Kings highway» (Registrata dal vivo a Gaisneville, Florida, '93) è la versione acustica di un brano di «Into the great wide open» ed è stata edita come b-side di «Something in the air» solo in Germania.

GLI INEDITI
«On the Street» ('73): è il primo dei sei brani incisi dai Mudcrutch. La formazione, Petty, Campbell, Tench, Danny Roberts e Randall Marsh. Cioè già un quintetto, una chiara premonizione di quelli che sarebbero stati, tre anni più tardi, gli Heartbreakers. Tom ricorda che assomiglia alle prime cose di Todd Rundgren.
Il suono è già di buona qualità e le radici appaiono solide: «Cry to me» (noto brano di Solomon Burke, che Tom avrebbe eseguito anni più tardi nel concerto «No Nukes») mostra che il gruppo sapeva già quello che voleva. «Depot Street» (uscito come singolo, quindi unico brano, assieme alla b-side, già conosciuto del primo combo pettyano), «I can't fight it», ancora giovanilistica, e l'ottima «Don't do me like that» (poi riincisa su «Torpedoes») sono state incise nel '74, sempre con i Mudcrutch, con Charlie Sousa al posto di Roberts.
Sciolti i Mudcrutch, Tom va in studio con il produttore Denny Cordell per incidere un album solista: c'è l'amico Mike Campbell ed il grande pianista-session-man Al Kooper. «Since you loved me» ed una embrionale, ma già molto bella, «Louisiana rain» vengono incise nell'estate '74 con Mike, Al Kooper, Jim Gordon ed Emory Gordy: Petty desiderava una sua band e questi due brani, più maturi rispetto ai Mudcrutch, mostrano idee chiare voglia di emergere. «Keeping me alive» ('82) tra ispirazione dagli Everly Brothers: mixata da Drakoulias (poi con Black Crowes e Jayhawks) è stata scritta da Tom e regalata ai Williams Brothers. «Turning point» ('82) ha un bel feeling rock and roll, con Buddy Holly nei suoi solchi: Petty la considera molto bella e noi, convinti, acconsentiamo.
«Stop draggin ' my heart around» ('81) è decisamente bella: Tom l'aveva scritta per Stevie Nicks, che poi la portò al successo, ma questa versione è di gran lunga superiore. «The apartment song» ('84) è un demo di «Southern accents» di un brano poi riregistrato e pubblicato su «Full moon fever»: questa versione, con Stevie Nicks, è migliore di quella già edita. «Big boss man» ('84) è proprio il classico di Jimmy Reed, interpretato da decine di grandi del rock: versione ruspante, molto diretta.
«The image of me» ('84) scritta da Wayne Kemp è diventata un successo atrraverso la voce di Conway Twitty. È una delle canzoni favorite di Mike Campbell ed è dedicata a Denny Cordell. «Moon pie» ('86), esile e molto breve, è un tipico prodotto di libera session. «The damage you've done» ('86) è stata riscoperta di recente ed è una versione molto diversa da quella apparsa su «Let me up» (è più country oriented). «Got my mind made up» ('86) è stata incisa durante le sessions di «Let me up», poi Petty la ha regalata a Dylan che la ha incisa, usando, gli Heartbreakers e cambiando le liriche, su «Knocked out loaded».
«Ways to be wicked» ('86): gentile omaggio alla bellezza di Maria McKee, regalo di Tom per il disco d'esordio dei Lone Justice. Preferisco questa versione, Maria non me ne voglia, ma Petty ha più fisicità e questa outtake di «Torpedoes» (ma la registrazione è avvenuta poi nel corso di quelle per «Let me up») è più potente. «Can 't get her out» ('86): le session di «Let me up» sono state molto ricche di outtakes e, francamente, molti brani mi sembrano migliori di quelli che poi sono andati sul disco.
«Waiting for tonight» ('88) è un brano potente che è stato inciso durante un break delle sessions di «Full moon fever», con le Bangles a fare le doppie voci e quel tipico sound delle chitarre elettriche a condurre le danze. «Travelin'» ('88): incisa assieme a «Waiting for tonight». Mentre incideva «Full moon fever» Tom aveva deciso di registrare anche dei brani con gli Heartbreakers e questi due ne sono la prova: il brano è stato solo abbozzato poi Lynne ci ha messo le mani ed il risultato è notevole. «Baby let's play house» ('93): scritta da Arthur Gunther è un rock 'n' roll poderoso, che, nei cinquanta, servì da veicolo anche per Elvis Presley: bella versione. «Wooden heart» ('93): sempre con Elvis in mente.
Tratta dalla colonna sonora di «G.L Blues», è una ballata splendida, molto ispirata, con Campbell scintillante alla chitarra. «God's gift to man» ('92) è un classico Petty 's tune, una sorta di ancipazione di quello che sarebbe stato, l'anno seguente «Wildflowers» mentre «You get me high» ('92) ha il suono classico degli Heartbreakers. Concludono la maratona di inediti le interessanti «Come on down to my house» ('93), «You come through» ('86), grande brano, ed «Up in Mississippi tonight», registrata nel '73 con la prima formazione dei Mudcrutch.
«Come on down to my house» fa parte di un quartetto di canzoni scritte nel '93, appena prima di iniziare il tour mondiale per il «Greatest hits», le altre sono «Driving down to Georgia», «Lost without you» e «You get me high»: rimangono, ad oggi, l'ultima testimonianza di Petty assieme alla sua band. «Wildflowers», come ben sapete, è il seguito di «Full moon fever», cioè è il secondo album senza gli Heartbreakers.
Questo cofanetto ci spiega come è iniziato tutto e come si è sviluppato nel corso di un ventennio: gran bel viaggio Tom.