Bob Dylan sarà, sicuramente, molto orgoglioso del suo discepolo. Mi spiego meglio. Quando, lo scorso anno,
Tom Petty diede alle stampe il suo «
Greatest hits», ultimo album del contratto MCA, il brano inedito «
Mary Jane's last dance», dato il suono potente e chitarristico, lasciava presagire un rinnovato avvicinamento del biondo chitarrista al rock più classico.
Invece Tom capovolge il pronostico e, seguendo la via già tracciata col suo primo album senza gli Heartbreakers («
Full moon fever»), si presenta in veste di cantautore, con qualche strizzatina ai Byrds ed un rinnovato amore per Dylan. Dominano le atmosfere soffici e rarefatte con tastiere in evidenza, il rock, quello sano e chitarristico degli Heartbreakers, viene solo sfiorato (vedi l'ottima «
You don't know how it feels» o la roccata «
You wreck me»): quindi, come avrete ormai capito, Petty fa, di nuovo, il solista e utilizza i suoi vecchi compagni di ventura di tanto in tanto, alcuni in una canzone, altri nella seguente.
Sicuramente dietro a tutto c'è l'influenza di Dylan, i concerti suonati con il mito per eccellenza della nostra musica, non tanto il nuovo contratto con la Warner: Petty ci ha abituato a questi cambiamenti. L'unica cosa certa è che «
Wildflowers» è un gioiello e che, rispetto al già ottimo «
Full moon fever», è un ulteriore passo avanti.