Buddy Miller, chitarrista alla corte di E. Harris e con un album al suo attivo, non è un musicista di primo pelo e per la realizzazione di questo suo nuovo disco ha voluto radunare attorno a sé un gruppo di amici fidati; di quelli che contano, con i calli sulle dita e tanti notti a far musica sulle spalle. Ciò che questi veterani vengono a proporci non è altro che musica country autentica e moderna, schietta e genuina. Canzoni d'autore che hanno il sapore della polvere delle strade di frontiera; di quella frontiera che è come un sogno, un movimento in fuga tra deserti, praterie, piccoli motel e bar persi nel nulla e un orizzonte lontano. Uno stato d'animo pittorico e ideale, uno sfondo che appartiene alle radici della memoria e che torna, ciclicamente, ad essere attuale adattandosi e assorbendo l'energia dei tempi.
Già da «
Nothing can stop me», buon brano d'apertura, la nostra attenzione si desta dal sopore delle banalità; la batteria di Donald Lindley e il basso di Gurf Morlix segnano il tempo, il violino di Sam Bush e la steel guitar di Steve Fishell puntualizzano e tracciano ombre di colore nell'aria, la chitarra di Miller, a briglie sciolte, percorre sentieri emotivi che ci coinvolgono da subito e che ci introducono al viaggio. La seconda tappa delle tredici presenti sul CD è «
100 million little bombs»; song che vede la partecipazione di Emmylou Harris alla chitarra acustica (una presenza, quella della Harris, che troveremo anche in altre cinque tracce).
Questa canzone affronta il tema delle mine antiuomo, vili ordigni che mietono vittime innocenti, soprattutto tra i più deboli e indifesi. «
Don't tell me» e «
That's how strong my love is» hanno il gusto del caffè amaro tipico di quelle ballate abrasive dalla barba mal rasata, gli occhi cerchiati dalla veglia notturna in attesa della luce dell'aurora e, tra le righe, il desiderio di un po' di calore umano di cui abbisogniamo in questi tempi cinici e aridi…
Steve Earle è l'ospite d'onore in «
Poison love», la title track, una song vivace dal cammino tradizionale, con uno spettacolare violino a pilotare le danze e un ritmo brioso che rallegra. Grande song. Segue «
Baby don't let me down», buona rock ballad di discreto effetto. In «
Love grows will», song dall'incedere grazioso, apprezziamo il violino e il mandolino di Tammy Rogers, mentre la discreta «
Love in the ruins» si sviluppa sugli stilemi tipici della classica country love song, con tanto di steel guitar, fiddle ecc.