C'è una zona di sicurezza anche per il rock ed è quella che viene sempre assicurata quando un pugno di belle canzoni è passato al vaglio da un manipolo di bravi musicisti.
James McMurtry opera in una fascia territoriale di questo tipo: già il suo esordio,
Too Long In The Wasteland, aveva certezze in quei denominatori comuni che si possono ritrovare in una formula più compatta e precisa in
Candyland, suo naturale e consanguineo seguito. La fiducia è rinnovata è partire dai suoi padrini manifesti, tutti (o quasi) membri anziani della gang di John Mellencamp, qui presente nell'insolito ruolo di produttore esecutivo.
Continua la sua personale scommessa e, come è già successo, è lui che mette a disposizione i migliori studi dell'Indiana, un po' di soldi e lascia via libera ai suoi dipendenti. Salvo i cammei vocali di Syd Straw e Jimmy Ryser (altro runner in cerca di fortuna) il resto è appannaggio della squadra d'assalto di John Mellencamp, una certezza in fatto di classe e gusto. Nessuna improvvisata, non un dubbio: i musicisti coinvolti in
Candyland sono protagonisti, ognuno al suo posto, di una performance nitida e priva di sbavature che privilegia il piccolo mondo circoscritto da ogni singola canzone.
Tutta la tecnica strumentale - parecchia: ascoltare, prego - è docilmente ricondotta al servizio di
James McMurtry: magari una virtuosa chitarra spagnoleggiante in
Safe Side ma alla fine conta solo il muscolare apporto della band nel suo complesso. Sorprende piuttosto l'abilità di Mike Wanchic produttore (e il suo curriculum comincia a farsi interessante: Hearts And Minds, Sue Medley, Falling From Grace) attento ad impedire divagazioni fuori luogo e capace di definire senza esitazioni i contorni di ogni brano. D'accordo gli arrangiamenti sono semplici, lineari, a volte persino prevedibili ma, intanto, sono sempre riconducibili al contesto generale di
Candyland. Fin qui, gli altri.
L'unico, sacrosanto dubbio sorge quando si cerca di capire fin dove arriva il talento di
James McMurtry e quanto invece incidono le spinte - e non sono poche - di John Mellencamp e della sua band. Argomento rimandabile perché l'importante è l'esistenza stessa di
Candyland e non tanto chi l'ha scritto, prodotto e suonato. Perché le dieci canzoni di cui è composto sono altrettante testimonianze spedite dalla provincia (americana o meno), da quella terra desolata nei passaggi e nelle prospettive ma viva negli uomini e nelle donne che l'abitano, persone il cui sogno, principale e unico, è andarsene. Agli orizzonti piatti, alle goffe crudeltà, all'ordinario e monotono svolgersi dei giorni
James McMurtry oppone lo sconfinato, liberatorio emisfero della fantasia e della narrazione.
Per questo le canzoni di
Candyland sono l'equivalente per il rock'n'roll dei copioni teatrali di Tennessee Williams, delle short stories di Raymond Carver, delle sceneggiature di Sam Shepard e dei film di Peter Bogdanovich.