CHRIS BUHALIS (Kenai Dreams)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  31/01/2004
    

Esordiente di lusso, Chris Buhalis arriva dalla stessa area cantautorale che ci ha regalato, alcuni mesi fa, l'eccellente lavoro di Jim Roll. Kenai Dreams, edito all'inizio del '98, è il suo disco di debutto ed è un, lavoro maturo, tra folk rurale ed accenni blues, e conta la partecipazione di Townes Van Zandt in una delle sue ultime sessions, prima della tragica dipartita. Buhalis è uno studioso della terra americana, delle sue tradizioni e Kenai Dreams è la messa in opera di tale studio.
Un disco serio, ben costruito, strumentato in modo parco, ma con una serie di canzoni di ottimo livello, prodotto in modo impeccabile. Solido chitarrista e cantante dalla voce molto ben impostata, Buhalis sembra già un musicista navigato, piuttosto che un esordiente. Ed inoltre si sa circondare di musicisti dal tocco magico, come il violinista Matt Combs, o il dobro player Jeff Plankenhorn, senza dimenticare la chitarra di fluida di Brian Lillie ed in banjo di Enzo Garcia.
Un disco dai suoni acustici, con le note cesellate attorno alla voce, e corredato da una serie di canzoni di prim'ordine che confermano la bravura e la serietà del suo autore. La musica delle montagne, la tradizione rurale, citazioni bluegrass e folk, Buhalis condisce la sua musica in modo raffinato, senza mai scendere nell'accademia, ma lasciando trasparire una limpida vena cantautorale. Il suo maestro è Townes Van Zandt e si vede che l'allievo ha assorbito adeguatamente la lezione. Come le canzoni del suo vate anche quelle di Chris hanno delle liriche molto curate, una certa predisposizione alla tristezza ed un uso degli strumenti preciso e pulito.
Kenai Dreams apre il disco: si tratta di una racconto quasi western, condotto dal dobro di Plankenhorn e giocato sulla voce di Chris e su quella più grave e stanca di Townes. Non vorrei dire la fatidica frase: ma da sola, questa canzone, può valere la spesa. L'entrata vocale di Van Zandt è splendida. Footprints in The Snow, in cui il dobro gioca ancora un ruolo primario, è un folk song elettrica, dalla melodia nostalgica. Time, solo voce e chitarra, da un saggio della bravura, anche come strumentista, di Buhalis: la canzone è un vademecum folk di prima lettura. Employee 1209 viene lavorata tra voce e violino, e Matt Combs ci sa veramente fare. Clay Pigeons, scritta da Blaze Foley, è un brano noto ai cultori di musica tradizionale americana: Chris, solo con la sua chitarra, ci regala una versione toccante.
Ancora il dobro magico di Plakenhorn a creare il suono per Plant Me I Will Grow, un folk country di rara intensità. Where I Lead Me è una composizione poco conosciuta di Townes: la versione di Chris, elettrica, è molto rispettosa dell'originale. Chiudono il disco quattro composizioni di Buhalis. Il folk rurale Mary's Song, nobilitato dal banjo di Garcia e dalla doppia voce di Vivian Blue; How to Be Alone, con l'armonica di Peter Madcat Ruth a fare le veci del dobro ed a creare un tappeto sonoro molto particolare; Highway Shoes, un bluegrass elettrico dal tempo molto veloce e dalla sonorità fluida, per concludere con la bella Small Disguise che vede uniti i talenti di Combs e Plankenhorn, fiddle e dobro, a costruire una ballata folk dai toni accesi e dalla melodia intensa.