JONO MANSON (Live Your Love)
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  Recensione del  30/01/2004
    

Se non fosse stato per Jono Manson non sarebbero esistiti i Blues Traveler, Spin Doctors e la scena jam newyorkese: neppure Joan Osborne avrebbe mai debuttato. Me lo sono sentito dire qualche decina di volte questo ritornello, e non da Jono, ma da diversi musicisti: la Osborne e John Popper in primis, quando li ho intervistati tempo fa. Jono, che da tempo vive a Santa Fé', è un ragazzo simpatico dotato di una voce profonda che lo avvicina molto a quella di John Hiatt.
E come Hiatt, anche Manson ama il blue eyed soul, il rock venato di rhythm and blues, le contaminazioni tra country e blues e le ballate sempre leggeremente velate di black music. Ha inciso diversi dischi, i migliori sono Almost Home, edito dalla A&M alla fine del '95 e One Horse Town, edito l'anno precedente a livello indipendente e riedito in Italia da quelli del Club De Musique.
Niente male neppure Little Big Man, prodotto da Eric "Roscoe" Ambel, e pubblicato in Usa alla fine del '98. Ora il piccolo cantante dalla grande voce, torna tra noi con un disco nuovo di zecca, edito in esclusiva dalla Club De Musique di Courmayeur e, senza ombra di dubbio, si può considerare il suo lavoro più riuscito. Jono è dotato di una voce possente, cupa e rugosa, tra John Hiatt e Joe Cocker, e lavora molto su queste qualità portando alla luce un suono annerito, in cui la parte rock è preponderante, chitarristico e vitale, con l'armonica spesso in evidenza. Le canzoni sono quasi tutte dell'autore, scritte da solo o a quattro mani con gli amici Bruce Donnola, John Coinman e Joe Flood ed il disco scorre in modo equilibrato senza stonature di sorta. Cinquanta minuti di sano rock, cantato con l'anima e suonato in modo ineccepibile.
Jono si è prodotto il disco e lo ha inciso nel suo studio, ma l'album ha un suono di ottimo livello ed un mastering di qualità. Il resto lo fanno le canzoni. No Alternative è nera, intensa, con la chitarra di Kevin Trainor che esce allo scoperto assieme all'armonica di Thomas Linde, (allievo di John Popper), Jackie's Dive è un country rock spedito e godibile, che scivola in due minuti e mezzo. Il disco sale di colpo con la splendida ballata Joe Sawyer. La grande voce è circondata da una strumentazione parca, almeno nel primo minuto, sino all'entrata del resto: la canzone è particolarmente espressiva e si avvale di un bel lavoro di Trainor all'elettrica e, sopratutto, di John Engenes al mandolino. Brava Sara K alla doppia voce.
Il brano, molto intenso, è una ballata dai sapori antichi dotato di una melodia piacevole, che si basa molto sulla vocalità espressiva di Manson. Scene of the Crime è un rock/blues corposo, non particolarmente originale, ma suonato e cantato con partecipazione. Some Kind of Fool migliora la qualità del disco, riportandoci ad atmosfere sixties: bel ritornello, sullo stile di Joe South, con una base strumentale solida (Eric Ambel e Will Rigby non sono certo gli ultimi venuti) ed un cantato sempre ad alto livello. Il suono è quasi Muscle Shoals e le atmosfere sono tipiche di certi dischi anni settanta.
Jono ha il gusto per la musica vera e sa renderlo bene in musica. Splendida anche Written in Stoneche sembra uscita pari pari da un vecchio disco di The Band (anzi, avrebbe dovuto finire su Jubilation, poi non se ne è fatto nulla): la voce è sempre sugli scudi, il piano di Bert Dalton gioca il suo ruolo, mentre il resto dei musicisti suona proprio come il gruppo di Helm & Danko.
Jerusalem (scritta a quattro mani con John Coinman) è una altra ballata di qualità: buon ritornello, suono solido e bel lavoro di Trainor e dello stesso Manson alle chitarre. Live Your Love è una soul song sullo stile delle canzoni anni settanta di Al Green e Staple Singers, ma con un tocco New Orleans che non guasta. Melodia che cattura, bel lavoro strumentale, ottimo duetto vocale con Sara K. Manson, canzone dopo canzone, costruisce un album pieno di riferimenti colti e, fatto più importante, decisamente godibile. Try and Try Again è un lungo blues rilassato in cui il nostro lavora di fino alla chitarra, ben sostenuto dalla ritmica di Mark Clark e Peter Williams: voci gospel, atmosfera blues. Sicuramente un brano di grande presa. Alibi è un errebi scorrevole: niente di nuovo, ma fatto sempre con classe, con John Hiatt in testa. Welcome to The World, in cui l'armonica di Thomas "Blues" Uhde sembra quella di John Popper, è un blues rock risaputo: ma, a monte di tutto, si ascolta comunque con piacere, grazie alla voce scura di Jono ed all'armonica espressiva di Uhde.
She Don't Matter Anymore è tra le migliori del disco. Ballata intensa, dotata di un ritornello molto ben costruito, ha un andamento lento e candenzato in continuo crescendo, in cui emergono la voce e la chitarra (sempre Trainor), mentre l'organo ha una parte sostanziale (Chris Ishee). Il disco si chiude con tre canzoni di buon valore. Se il blues rock Stand Up Straight è corrente, la ballata Home Before Dark è molto piacevole (la voce di Sara K ha una bella parte), e la breve If I Were You chiude adeguatamente il disco. Jono Manson si conferma interprete di vaglia, autore in crescita e cantante dalle possibilità notevoli. Un personaggio tutto da scoprire.