PAT GREEN (Lucky Ones)
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  Recensione del  17/01/2005
    

Mi piace questo giovanotto di Waco, esponente del più attuale movimento musicale texano, che suona country rock come gli piace, non si cura del mercato ed ha costruito la sua fortuna con un duro lavoro on the road, supportato da una passione straordinaria e un impegno non comune. Ho apprezzato la sua scelta di non legarsi a Nashville, ma di puntare su di un'etichetta della costa dell'est per essere se stesso il più possibile e non subire condizionamenti o forzature. Ho recensito con piacere il suo debutto per la Universal Records Three Days, uscito alla fine del 2001 che si è anche piazzato bene nelle charts e ho ascoltato con interesse la sua prova successiva Wave On Wave del 2003, che ha addirittura saputo far meglio in classifica (#2 posizione più elevata raggiunta). Due proposte di musica solida ed energica, disinvolta e trascinante, che ha il pregio di essere fondamentalmente onesta e sincera.
Come questa terza della serie, ancor prodotta dal bravo ed esperto Don Gehman, che pure funziona e convince. Attenzione però, ora che Pat è lanciato a tutta velocità possiamo essere un po' più severi con lui senza timore di danneggiarlo, non è una mossa in avanti. Anzi sembra segni fin troppo il passo, pare meno brillante e risoluta, un filo meno ispirata e creativa. Un pizzico di stanchezza? La difficoltà di rinnovarsi, sostanzialmente senza cambiare? Può essere, certo è che per sostenere lo slancio e la spinta del non semplice connubio tenuto conto delle energie da profondervi, tra country twang e guitar rock, secondo una indovinata definizione appena attribuita alla sua musica, si deve essere al 100%. E Pat non mostra, per lo meno al sottoscritto, di trovarsi oggi in questa posizione.
Ne sono prova le canzoni offerte, per lo più scritte da lui ma anche da qualche altro bravo autore, buone, piacevoli, scorrevoli, nessuna delle quali trascendentale però. È proprio questo il punto debole del disco, la mancanza di qualche brano di livello superiore, del tipo di quelli che una volta entrati nel repertorio non vi escono più per essere reclamati a gran voce quando si è di fronte al pubblico. Così Lucky Ones finisce con l'essere un dischetto di piacevole lettura ma di non lunga durata. Un compagno ideale per una scarrozzata in automobile o per un atteso momento di tranquillizzante relax. In ogni caso ecco alcuni titoli sui quali i fans del nostro amico texano non mancheranno di soffermarsi: Collage, il brano più rock della raccolta, firmato con Brad Paisley e cantato da Pat in duetto con lui, testimonianza del peso e del rilievo che hanno avuto sui nostri i trascorsi scolastici universitari, che hanno coinciso con i giorni più belli della loro vita, durante i quali hanno trovato amici e persino le mogli. One Thing, scritta da Jack Ingram, ritmata jingle jangle love song che ha forse nella sua semplicità la sua arma migliore.
Over And Over, Pat è aiutato nella composizione stavolta da Fred Leblanc, che conta su di una deliziosa introduzione, un ritornello che colpisce più di altri, una batteria piuttosto spavalda e alla fine mette in evidenza un feeling più accentuato. Long Way To Go, firmata anche dal batterista Justin Pollard, una nostalgica ballad carica di nostalgia e rimpianto con steel guitar che fa mostra di sé ed Herb Pedersen, presente anche in diversi altri pezzi, illustre background vocalist. Temporary Angel, autori Pat e Drew Womack, dalla lieve apertura acustica, prima le chitarre poi le percussioni, che manifesta un'andatura complessivamente delicata.
Sweet Revenge, per realizzare il quale Pat ha scomodato il bravo Ray Wylie Hubbard, pezzo interamente acustico, dalle caratteristiche bluegrass gospel, con mandolino e assolo di dobro. Non è granché, bisogna dirlo perché si tratta della title track, Lucky Ones, un lento abbastanza anonimo con Amanda Wilkinson vocalist femminile di supporto, nonostante sia stato scritto da Radney Foster che non è l'ultimo arrivato.