JOHN BRANNEN (The Good Thief)
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  Recensione del  20/12/2004
    

Poco conosciuto dalla nostre parti, non ancora noto al grande pubblico in Usa, John Brannen è il classico artista di nicchia emergente. Heartland rocker per affezione si può collocare nel filone Springsteen - Mellencamp - Seger, con cui ha parecchi punti in comune: la musica onesta e diretta, il suono semplice e senza fronzoli. Brannen non è però un novellino, ha già tra dischi alle spalle: Mystery Street, 1988, John Brannen, 1993, Scarecrow, 2000. Nativo della Carolina del Sud ha nella sua scittura elementi southern, Waiting per esempio, ma ha una buona propensione per la ballata di estrazione popolare, Summer in Savannah oppure I Could Never Make it Right.
La stampa Usa ha scritto belle parole per questo quarto disco di Brannen, tirando fuori paragoni altisonanti con Springsteen, Mellencamp (e qui ci siamo) e Dylan (con cui non vedo molti punti di somiglianza). Autore delle canzoni che esegue, si avvale di un partner di lussso come Jack Tempchin. Chi ha buona memoria si ricorderà certamente Tempchin autore per gli Eagles (Peaceful Easy Feeling, Already Gone) e per Emmylou Harris (White Shoes), quindi in versione solista e come leader dei Funky Kings: uno dei protagonisti del rock californianao anni settanta ed ottanta, che ora lavora più come autore che come musicista. Oltre a Tempchin, che ha un bella penna (Summer in Savannah, Don't Wanna Lose Life, A Pair of Dice, Lookin' Good etc sono canzoni di peso), John ha scritto anche con Davis Causey, David Malloy, Doug Gilmore e Jim Weatherly.
Un disco solido che offre quasi un'ora di rock con influenze roots, elettrico e ben suonato, e che ha dalla sua una manciata di canzoni di indubbia qualità. Dalla già citata Summer in Savannah, cantata con voce roca e suonata in modo inappuntabile dalla house band diretta dal sudista Pete Carr: una ballata di stampo classico, da grande rocker (uno come Seger farebbe fuoco e fiamme per scriverla), alla potente When I'm Satisfied, altro up tempo rock dal ritmo crescente, costruito su una melodia di stampo classico che gioca tutte le sue carte sul bel ritornello, We gonna run tonight..... Anche Waiting appartiene al filone del rock classico: suono caldo, buona voce, strumenti ad hoc ed un arrangiamento potente. Niente di nuovo, è vero, ma del sano rock che si ascolta sempre con piacere da parte di un outsider di cui non sapevamo nulla sino a qualche giorno fa. John sa anche fare delle canzoni dallo spessore melodico più acceso, come la fluida Don't Wanna Lose Life That Again o la struggente I Could Never Make it Right.
Un disco solido, che si ascolta con estremo piacere e che ha ancora da parte qualche sorpresa : l'elettrica A Pair of Dice, puro heartland rock, dotata di un ritornello formidabile, forse un po’ semplice, ma di sicuro effetto. Looking Good, rock and roll in purezza, Lost Angeles, con influenze blues, The Lonely Side of Love, romantica ma di grande presa, Learning to Dance, acustica ed intimista. Per chiudere, una bella ghost track: una versione voce e chitarra di Amazing Grace. Il fatto che non sia un disco qualunque viene confermato dai musicisti assemblati da Pete Carr: turnisti di nome come Willie Weeks, Giles Reeves, Clayton Ivy, Owen Hale.