Terzo album di studio (oltre al live registrato al Billy Bob's Texas) per il giovane
Jason Boland ed i suoi Stragglers, dopo gli ottimi
Pearls Snaps e Truckstop Diaries, e grande conferma di uno dei migliori talenti del genere Americana degli ultimi anni. I dischi precedenti ci avevano presentato un musicista di vaglia, capace di scrivere brani ben al di sopra della media, aiutato da una band tosta e compatta (
Roger Ray, chitarra solista e steel,
Brad Rice, batteria,
Grant Tracy, basso), ma questo
Somewhere In The Middle è decisamente su un altro pianeta. Innanzitutto il produttore:
Lloyd Maines non ha bisogno di presentazioni, è il miglior producer texano oggi in circolazione, ed ogni disco con lui dietro alla consolle parte già con un vantaggio del trenta per cento rispetto agli altri (ed il disco è inciso ad Austin, niente Nashville please).
Se aggiungete il fatto che Boland e soci hanno messo a punto una collezione di brani di prima scelta, a cavallo perfettamente tra country e rock texano (anche se sono originari dell'Oklahoma), con Waylon Jennings e Billy Joe Shaver come eroi principali (e Billy Joe è anche ospite nel disco), capirete il perché
Somewhere In The Middle è da considerarsi uno dei lavori migliori usciti quest'anno nel suo genere (un altro paragone, tra i talenti più giovani made in USA, può essere fatto con Jackson Taylor e la sua Band).
Hank è un inizio strepitoso, un country rock elettrico e cadenzato figlio di Waylon, con un suono compatto come un muro di cemento e la voce espressiva di Jason.
Stesso discorso per
When I'm Stoned, questa volta con Shaver in testa, con grandi interventi di steel e violino (ma la base è rock);
Somewhere In The Middle non ha nulla di country, ma è un rock'n'roll sudista tosto e coriaceo, con le gocce di sudore che colano dai manici delle chitarre. Un trittico iniziale da stendere un toro. Ma il disco non cala di intensità, e ci riserva diverse altre chicche come la splendida
If You Want To Hear A Love Song, elettroacustica con tanto di fisa, o la solare
Back To You (scritta da Bob Childers), uno di quei brani che ti viene voglia di sentire e risentire.
Mi rendo conto di usare toni altisonanti, ma questo disco spazza via in un sol colpo i precedenti due, che pure erano belli. L'evocativa ballata
Stand Up To The Man mostra che Jason e Band non hanno nulla a che spartire con Nashville;
Radio's Misbehaving è un divertente acquarello acustico a metà tra honky tonk e western swing, mentre
Dirty Fightin' Love è un'altra rock song che profuma di Sud da tutte le parti. E così fino alla fine, senza un attimo di stanca: la frizzante e ritmatissima
12oz. Curls (in cui Boland duetta con Randy Crouch), la lenta
Mary, l'irresistibile
Thunderbird Wine, di e con Billy Joe Shaver, in cui la carismatica voce del texano fa salire subito la temperatura. Per finire con
Hell Or Bust e con
Hope You Make It, grande finale bluegrass in cui gli strumenti si rincorrono con continui assoli. Grande conferma: al terzo lavoro Boland e compagni centrano il bersaglio grosso, e vista la penuria di buona musica che c'è oggi in giro dischi come questo sono indubbiamente salutari.