TOM PETTY AND THE HEARTBREAKERS (Sound Stage) (DVD)
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  Recensione del  20/12/2004
    

Nuova uscita in DVD per Tom Petty and the Heartbreakers, con un concerto pubblicato all'interno di una serie denominata "sound stage". Essendo già il terzo DVD del nostro nell'arco di pochi anni si potrebbe pensare ad un prodotto ripetitivo e non essenziale. Niente di più sbagliato, poiché ci troviamo di fronte ad un concerto in cui Petty va a ripescare brani che non suonava da tempo, li mischia con canzoni di altri, si inventa interprete blues e rock'n'roll, canta e suona con una forza ed un entusiasmo che non accenna a calare negli anni.
Infarcisce le canzoni di chiaroscuri, rallentamenti e ripartenze, spesso dilatando il suono con gli interventi squisiti della chitarra e del piano, mai così in evidenza, producendosi in finali trascinanti ed entusiasmanti. Ovviamente tutto è organizzato con grande spiegamento di mezzi; le immagini sono strepitose, grazie ad un numero imprecisato di telecamere e ad una regia adeguata. Ottimo anche l'uso delle luci, con una preponderanza di rossi accesi alternati a blu profondi. Sembra di trovarsi in un salotto, con il grande palco coperto da una serie interminabile di tappeti persiani, come d'abitudine nei concerti del nostro, con dei drappi sul fondale ad arricchire una scenografia giustamente essenziale, ma di grande efficacia.
L'apertura è con Baby Please don't Go e gli Heartbreakers mostrano subito di essere in serata di grazia (ma quando non lo sono?). Poi con voce luciferina Tom Petty annuncia Crawlin' Back to You (da uno dei suoi capolavori, Wildflowers): intro di piano, con la chitarra che ricama fino all'entrata della batteria, che da il via alla splendida melodia. Quindi Petty imbraccia l'acustica ed annuncia un pezzo dei Travellin' Wilburys. L'esecuzione di Handle with Care è strepitosa: gli intrecci delle chitarre, l'assolo di slide di Campbell, i controcanti e l'accompagnamento di armonica di Scott Thurston contribuiscono al risultato finale. La seguente Won't Back Down (da Fool Moon Fever) è un altro colpo basso, così come I'm Cryin'.
Il ritmo è serratissimo con Campbell che può scatenarsi in trascinanti assoli di elettrica, doppiato dalle tastiere di Benmont Tench, mentre il pezzo è infarcito di chiaroscuri dominati dalla voce di un Petty straordinario. Per Angel Dream (dalla colonna sonora di She's the One) le atmosfere si fanno più intime, con Campbell al mandolino. Melinda è il veicolo per degli intermezzi di piano, sempre sostenuto dall'incessante lavoro della batteria.
A questo punto The Heartbreakers go blues. Quando i musicisti sul palco attaccano Born in Chicago sembra di avere di fronte la più consumata blues band di questa terra, con tanto di arroventato assolo di armonica ed intrecci piano/chitarre da manuale. Red Roosters è altrettanto classica ed altrettanto magistrale. La voce di Petty è come al solito grande, ma la slide di Campbell ed i rintocchi del piano di Tench sono da brividi. Con Carol (Chuck Berry, of course) è il rock'n'roll ad irrompere nel concerto.
Gli Heartbreakers, grande macchina da palcoscenico, aggrediscono anche questo genere con la classe che li contraddistingue e non sbagliano un colpo. Ancora in grande evidenza il piano di Benmont Tench. Quindi, a chiusura del primo set, cambio deciso di atmosfera ed attacco roboante per quella Refugee che apriva e trascinò un disco come Damn the Torpedoes nell'olimpo dei grandi album di fine anni 70.
Tom Petty e gli Heartbreakers la cantano e la suonano con l'entusiasmo e l'energia di quei tempi, con Mike Campbell che strapazza La sua chitarra in un infuocato e prolungato assolo finale che si vorrebbe non avesse mai fine e che suscita l'entusiasmo dei fortunati presenti. Love is a Long Road (da Fool Moon Fever) apre la seconda parte dello show, seguita da un'altro pezzo killer, You don't Know How it Feels, con quel ritmo sincopato e la voce che ricama una melodia di grande impatto. Poi Petty abbassa i volumi e rallenta ad arte il ritmo inventandosi un assolo di chitarra fino a quando, da grande direttore d'orchestra, chiama il gran finale all'unisono della band.
Sembra divertirsi molto ed accenna anche dei passi di danza, che il pubblico sottolinea con scroscianti applausi. Black Leather Woman alza il volume portandoci in territorio rock/blues, con accenni hard. Strepitoso l'infuocato intreccio armonica/organo/chitarre. Done Somebody Wrong (di Elmore James) è un altro incendiario rock/blues.
Grande Campbell negli assoli di slide e formidabile il supporto ritmico di Steve Ferrone alla batteria. Quindi Petty introduce quella che definisce la prima canzone che ha imparato ed intona I Got a Woman (di Ray Charles), con una voce alla Elvis. Poi annuncia un pezzo di J.J. Cale e le note nostalgiche di Thirteen Days, uno dei brani più belli del grande e schivo chitarrista americano, si diffondono. Sembra una canzone fatta apposta per la voce e gli strumenti di Tom Petty and the Heartbreakers. Campbell fa il J.J.Cale alla chitarra e Tench si inventa un sottofondo di hammond da brividi. Wake up Time, il pezzo che chiudeva Wildflowers, è un'intensa ballata semiacustica, mentre Rollin' in my Sweet Baby's Arms una digressione nel country.
Con Lost Children, l'unico pezzo dall'ultimo The Lost D.J., si torna al rock/blues venato di hard. E' un brano che dal vivo fa faville e permette a Petty di esibirsi nell'inusitata veste di trascinante chitarrista solista. Il finale è un duello tra le due chitarre scatenate ed è entusiasmante. Two Men Talkin' è un altro rock/blues, sostenuto da un poderoso riff del basso di Ron Blair.
L'intermezzo strumentale, con gli intrecci della chitarra e del piano, che poi sfocia in un infuocato finale, è una delle cose più belle dell'intero concerto. La chiusura è con un classico come You Wreck Me (sempre da Wildflowers), dilatato da continui rallentamenti che danno ulteriore spazio al piano. Un DVD assolutamente indispensabile.