JOHNSONS (Odessa)
Discografia border=Pelle

  

  Recensione del  30/01/2004
    

Dei Johnsons abbiamo appena parlato, sul numero 191, recensendo Lazy Bones, il loro primo disco. Giusto al momento di andare in stampa con quel numero, abbiamo scoperto che la band di Matt Smith e Chris Ong aveva già inciso un secondo album. Con le indie succede spesso di scoprire un album e di averne uno nuovo subito dopo: è accaduto coi Say ZuZu, coi Mollys e con molti altri. I Johnsons arrivano da Winston-Salem, Carolina del Nord, e sono una band roots rock di grande avvenire.
Sono i diretti discendenti dei primi Jayhawks e la bravura do Smith e Ong farà certamente progredire il gruppo che, già con questo secondo lavoro (un'ora di musica!), mostra di essere uno dei più promettenti della scena alternativa country. Il suono, puro country-rock, è filtrato attraverso ritmi degni di Neil Young, un cantato pulito e diretto ed un suono coinvolgente: la steel guitar è in grande evidenza (ci sono addirittura tre steel players nel CD: John Pfiffner e Darryl Jones, già presenti su Lazy Bones, e Mark Sharp). Gli altri musicisti coinvolti: Eric Marshall, batterista solido, Andy Mabe e Buck Turner, basso, David Seìkirk, piano, Eric Webster, banjo.
L'album mostra notevoli progressi dal punto di vista sia del suono che della scrittura: le canzoni sono più country oriented, mentre la scrittura ha assunto toni epici, tipici della ballata di frontiera. I due leaders ci regalano composizioni ad alto livello, canzoni che ricorderemo a lungo e che rispondono ai titoli di Alone, Someday, Delaware Girl, Adios Colorado, Sweet Angeline, Ou lady of sangria, When She Was Mine, Ham, Hallowed Ground , Between Moon and Memphis. Country rock di grande spessore (Alone, Delaware Girl e No One Speak English), dure sventagliate rock (Ham), oasi elettro-acustiche pregnanti (Halloweed Ground e Borderlands), roots songs (When She was Mine).