DUANE JARVIS (Certified Miracle)
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  Recensione del  30/01/2004
    

Dalle parti di Nashville Duane Jarvis è quello che si definisce un sideman di lusso, uomo di esperienza e musicista dalle qualità riconosciute, tanto che i suoi servigi hanno impreziosito, nel corso degli anni, ii lavoro di gente come John Prine, Steve Earle, Lucinda Williams o Greg Trooper. Facile quindi intuire l'entusiasmo e la collaborazione che il nostro è riuscito a raccogliere intorno a se, coinvolgendo in Certified Miracle, nuovo sforzo solista a tre anni di distanza dall'interessante Far From Perfect, una pletora di amici di vecchia data, sorta di "crema" del genere Americana.
Non per distogliere le attenzioni dall'onesto roots-rock di Jarvis, ma non è certo da tutti gli outsiders americani ritrovarsi in sessione Buddy Miller, Phil Lee, Richard Bennett o Joy Lynn White, nomi che dovrebbero significare qualcosa per chi frequenta da tempo le pagine di questo giornale. Avere tuttavia un tale supporto non è sinonimo di un'automatica resa finale, ma, nel caso di Jarvis, il mestiere conta notevolmente. Per questo motivo Certified Miracle non sarà effettivamente un "miracolo" del rock delle radici, eppure senza particolari cedimenti fino in fondo, mostrando un autore concentrato maggiormente sul songwriting e sulla resa complessiva delle canzoni, piuttosto che abbandonato ad inutili avventure solistiche.
Carattere essenziale e vincente del disco resta la sua versatilità, fedele in qualche modo al concetto stesso di Americana, che esige un ampio spettro di soluzioni all'interno del classico linguaggio rock'n'roll. In tal senso andrebbe letta l'alternanza di rutilanti roots-rock quali Love Sometimes e la stessa title-track, dalle inflessioni melodiche alla Tom Petty, con la border song Forgive the tool, la rozza tirata rock'n'roll di My Brush is Dry con le incursioni nel country texano più puro in You stopped Lovin 'me e Broke not Busted e persino le iniezioni soul, con tanto di sezione fiati, nell'ottima Intoxicate Me.
Sempre puntuale nei suoi interventi chitarristici, quello che in realtà Duane Jarvis paga a caro prezzo è il fatto di possedere una voce poco espressiva e di mancare a tratti di mordente nelle sue interpretazioni. Valga, a titolo d'esempio, la riproposizione di Still I Long for your kiss, appezzata in passato, in ben altra esposizione, da Lucinda Williams.