JAYHAWKS (Sound of Lies)
Discografia border=parole del Pelle

          

  Recensione del  30/01/2004
    

Sono passati due anni da quando abbiamo dato la copertina del Busca a «Tomorrow the green grass» (era il marzo '95). E tante cose sono successe. Quel disco ha contribuito, ed in modo sostanziale, alla rinascita del suono roots, alla nascita della rubrica stessa. I Jayhawks sono stati imitati e rimpianti. Infatti lo scioglimento era stato inevitabile: Mark Olson aveva lasciato d'improvviso la band, abbandonando gli altri quattro e avventurandosi non si sa verso quali lidi. Gary Louris, l'altra mente pensante, Marc Perlman, Tim O' Reagan e Karen Grotberg hanno dubitato a lungo sul da farsi: poi, trovatisi della stessa opinione, hanno pensato di continuare, prima con un nome diverso, poi riutilizzando quello vecchio e glorioso.
Hanno preso gusto, Perlman e Louris, ad incidere con i misteriosi (ma non tanto) Golden Smog: così qualche mese fa i quattro orfani di Olson si sono ritrovati in studio ed hanno provato qualche canzone. Andando avanti nel lavoro si sono resi conto che il suono senza Mark era diverso, ma era pur sempre un suono con la matrice Jayhawks: la matrice country era meno apparente, mentre la classice ballata rock diventava l'elemento portante del suono del gruppo. «Sound of lies» è nato in questo modo, ha trovato la sua identità ed i nuovi Jayhawks sono tornati tra noi. Sciolgo subito i vostri dubbi: i vecchi erano meglio, erano più completi, adesso manca Olson, manca quella leggera matrice country, mentre il suono sì è spostato, in alcuni casi felicemente, verso composizioni più urbane, tra suoni più elettrici e canzoni dalla melodia assai tenue.
«Sound of lies» rimane un buon disco, ma non è né un grande disco (a cui noi daremmo quattro stelle), né il migliore della breve discografia della band di Minneapolis: sta tranquillamente tra le tre stelle e le tre stelle e mezzo. Musica comunque piacevole, in cui emerge il talento di Karen Grotberg, pianista di notevole caratura, che arricchisce il suono della band, riempiendo spazi che prima erano occupati da altri strumenti: non c'è più la steel guitar mentre la chitarra soffre talvolta della mancanza della vecchia partner.