Quarto album in nove anni di carriera. Il quintetto di Minneapolis (Gary Louris, Mark Olson, Tim O' Reagan, Mare Perlman e la nuova aggiunta Karen Grotberg al piano e voce) non è molto prolifico, ma quando incide un disco lo medita a lungo e molto seriamente. «
Tomorrow the green grass» segue lo stesso iter del celebrato «
Hollywood town hall» ('92) che, a sua volta, era preceduto da «
Blue earth» ('89) e dall'esordio, conosciuto da pochi, «
Jayhawks» ('86, edito dalla fantomatica Bunkhouse records).
Il suono dei ragazzi è classicamente americano, giusto a metà tra country e rock, tra folk e blues, con il piano in evidenza, le chitarre a segnare il passo, la ritmica sempre dura a scandire il ritmo e, ogni tanto, violino e steel guitar a dare un sapore più rurale alle canzoni. Ballate ad ampio respiro (e per capire quello che dico ascoltate subito «
Anne Jane»: scrittura classica ed esecuzione esemplare. L'intro delle chitarre con la batteria dura e le voci gentili, quasi in sottofondo, a raccontare la storia, poi la canzone prende forma e si carica maggiormente di «suono»...), l'ombra di Neil Young sempre molto presente, ma anche fantasmi di un passato abbastanza prossimo, come Little Feat e Byrds, Flying Burritos e The Band: insomma i
Jayhawks sono una band classicamente americana, come dimostra la storia del gruppo. Una ascesa lenta e sofferta, una uscita dall'anonimato al rallentatore, due dischi «indie», quindi il salto con una major, un anno di attesa, poi la pubblicazione dell'album: ed ecco, fulmine a ciel sereno, «
Hollywood town hall».
Gran disco, che, anche in questo caso molto lentamente, entra nei gradimenti del pubblico italiano: è uno sleeper, vende poco, ma vende di continuo, ed il passaparola tra gli acquirenti e gli estimatori conta di più di qualunque promozione. «
Tomorrow the green grass» si presenta con qualche credenziale in più: sicuramente chi li ha apprezzati in passato non farà che condividere questa recensione e cercherà di fare suo il disco, per gli altri, per chi ancora è all'oscuro di questa band dalle grandi potenzialità, basta dare credito alle nostre parole o cercare di sentire il disco, e la fede nei Jayhawks è sicura. Si, i
Jayhawks sono una grande band: non sono scevri da difetti, ma hanno un suono, un bel suono, forse classico, magari stereotipato, ma sicuramente pieno, orgoglioso, sicuro, evidente, mai prolisso né autoindulgente.
Belle canzoni, ben scritte ed ottimamente suonate, con la parte centrale del disco che prevale sull'inizio e sulla fine: come nel caso dei tanto decantati, ma solo dal Busca, Phish anche i Jayhawks sono in continua crescita ed hanno ormai marchiato la propria musica con l'imprimatur della propria personalità. Solido e robusto, «
Tomorrow green grass» contiene dodici composizioni del binomio Olson-Louris, da sempre l'asse portante della band (la preferita di Joe Henry).