CHRIS ISAAK (Speak of the Devil)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  30/01/2004
    

Chris Isaak, il re dei cuori solitari, l'alter ego di Elvis Presley (è noto il fatto che il viso di Chris sulla copertina del suo primo album, Silvertone, riprende una famosa immagine di Presley), l'erede di Roy Orbison, è giunto al suo ottavo album (antologia compresa) in tredici anni di carriera. Il mondo musicale di Chris è molto particolare. Infatti Isaak ha un suono personale, una sorta di marchio di fabbrica, che riprende la melanconia dei classici hits di Roy Orbison con il feeling delle prime incisioni Sun di Elvis Presley, il tutto condito da un accompagnamento spartano in cui viene evidenziata una chitarra alla Mark Knopfler. Pur con alti e bassi logici la sua carriera ci ha sempre regalato dischi onesti, alcune volte molto belli, altre meno, ma non si è mai venduto né è sceso sotto il livello di guardia.
Splendido nel reinterpretare brani di altri, spesso Chris fatica ad assemblare brani propri per completare un disco: è successo in passato (infatti non tutti i dischi sono di grande livello) e succede parzialmente con questo nuovo lavoro. A quarantadue anni Chris ha raggiunto un solido equilibrio, non soffre più dei tentennamenti passati e la sua opera, come dimostra l'eccellente Baja Sessions, è destinata a crescere. Il suono è quello di sempre, con quella voce soffusa e quei suoni raffinati e rarefatti, con la rimtica mai invadente ed una chitarra che agisce come seconda voce.
Il resto lo fanno le canzoni. Il suo disco più riuscito rimane Baja Sessions che, però, è composto da parecchie covers: questo nuovo lavoro, seppure qualitativamentre a buon livello, non riesce ad elevarsi più di tanto. Infatti in almeno quattro/cinque canzoni, raggiunge un buon livello (This Time, Don't Get So Down on Yourself, Wanderin', la title track e Black Flowers), mentre in altri episodi il livello scende sensibilmente. In alcuni momenti poi, come nella title track, Chris si mostra più aggressivo del solito, lanciando la chitarra in un lungo assolo e sforzando oltremisura la propria voce. This Time è una ballata di adamantina bellezza, tipica del suo stile e semplice nell'assunto. Like the Way She Moves, per contro, è risaputa mentre Wanderin', molto vicina agli stilemi orbisoniani, è toccante e piacevole. Propio in brani come questo Chris tocca il suo vertice artistico, con quel particolare tocco tra antico e moderno in cui la melodia scorre fluida e la voce agisce di conseguenza.
Flying ha un tocco vellutato, mentre Walk Slow ha un passo più classico ed una discreta melodia di fondo. Please è aggressiva e poco convicente, mentre la lenta Don't Get so Down on Yourself riesce a muovere le corde del cuore, con la sua linea melodica tenue, con la strumentazione parca ma perfettamente in tema. Le ballate lente sono il fiore all'occhiello di Isaak, da sempre, ed il suono che le accompagna è curato sin nei minimi particolari.
La chitarra messicaneggiante di Don't Get So Down on Yourself è sintomatica in questo senso. Black Flowers è ancora una bella ballata, dalla tonalità drammatica, con la voce prima addolcita poi più intensa; I'm Not Sleepy è più ritmata, con un tocco anni cinquanta; Seven Lonely Nights rallenta tempi e ritmi e lascia fuoriuscire la linea melodica in modo nitido, con la voce di Chris che quasi sussurra il suo racconto. Talkin' 'Bout A Home è già sentita mentre Super Magic 2000 chiude il disco. Si tratta di uno strumentale abbastanza strano che non lascia il segno. Isaak convince solo in parte e, come ha già fatto in passato, alterna ottime canzoni a materiale meno interessante.