CHRIS ISAAK (Baja Sessions)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  30/01/2004
    

Chris Isaak è nato con il mito di Roy Orbison (la voce), Elvis Presley (il suono di Memphis, il carisma del personaggio, ancora la voce) e di Chet Baker (il look, la bellezza di un uomo che era anche un grandissimo musicista). Ha cominciato ad incidere nel 1985 ed ha raggiunto la grande notorietà nel 1990 con la canzone «Wicked game», arrivata in cima alle classifiche di mezzo mondo grazie al film «Cuore selvaggio» di David Lynch.
Ma non si è montato la testa. Ha continuato per la sua strada e, pur non riuscendo mai a fare il «capolavoro», ha sempre eseguito della musica onesta, spesso risaputa, ma a cui certamente non mancava quel che di amatoriale che la staccava dal resto della produzione commerciale. Non ha mai fatto un grande disco, ma belle canzoni sì: ha sempre curato al massimo il suono, grazie anche alla produzione limpida ed «intelligente» di Erik Jacobsen, ed il suo sogno è sempre stato quello di raggiungere le magie del riverbero, quelle che Sam Philips era solito mettere nei dischi della Sun.
La malinconia del miglior Roy Orbison mischiata al suono ruspante dei dischi Sun: questo è, in sintesi, il suono di Chris Isaak. Ha sempre curato molto anche le copertine (quella di «Silverstone» è un omaggio ad Elvis Presley), ma, come ho già detto, non ha mai fatto il grande disco. Ed ora, ad oltre dieci anni dall'esordio, riesce finalmente a fare quel disco che aveva cercato di realizzare sino ad oggi. «Baja sessions» che, al contrario del titolo, è stato registrato nei soliti studios di San Francisco, i Coast Recorders, è un piccolo capolavoro di equilibrio in cui tecnica e cultura vanno a braccetto.
Il suo amore per il passato trova finalmente la giusta collocazione attraverso una serie di canzoni, parte nuove, parte vecchie, parte covers, che suonate una di seguito all'altra ci regalano uno dei dischi più belli di quest'anno. Anche dal punto di vista strumentale il disco è perfetto: è giocato su pochi strumenti, talvolta ridotti all'osso, in modo da lasciare ampio spazio alle evoluzioni della voce, sempre più vicina ai modelli Orbison e Presley. Non sono mai stato tenero nei confronti di Chris, ho spesso criticato i suoi dischi, ma questo «Baja sessions» mi è entrato dritto nel cuore.