MARY GAUTHIER (Filth & Fire)
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  Recensione del  26/02/2004
    

Louisiana alle cafeterie di Boston, Mary Gauthier si è fatta un nome in tempi molto brevi e con soli due dischi alle spalle. Se l'esordio del 1998 con Dixie Kitchen era stato notato da pochi, è stato con il seguente Drag Queens in Limousines che la cantautrice della Louisiana si è fatta notare. Il suo disco ha raccolto il plauso dei critici di mezzo mondo, da Mojo a Rolling Stone, dal Buscadero a Les Inrockutibles, da Uncut a Q Magazine, la sconosciuta chitarrista è salita all'onore delle cronache grazie ad un disco intenso e personale.
Drag Queens in Limousines ha dato il via ad un genere, il country noir. Le storie della Gauthier sono torbide e ambientate nella provincia, asciutte e prive di speranza. La sua voce, forte e orgogliosa, ne è l'interprete perfetta. Il suono poi, una via di mezzo tra John Prine e Lucinda Williams, è vincente. Una voce resa particolare dal fumo, canzoni decisamente credibili, un suono secco e mai sopra le righe: in breve tempo Mary è passata dal suonare nelle cafeterie di Boston ai palchi dei festival americani, ha girato l'Europa (a maggio arriva da noi!, da non perdere). Si è esibita dalla California a Newport ed ha portato le sue storie torbide ed oscure di fronte ad una platea che ha gradito il suo stile personale e la sua revisione iconoclasta della musica country, mischiata a robuste dosi di tradizioni sudiste.
Infatti il country di Mary non è NashviIle style, ma si avvicina maggiormente alle ballate stanche e languide di Lucinda Williams mentre la voce spesso è simile a quella di Janis Joplin, quando interpretava canzoni come Me and Bobby McGhee. Filth and Fire è il suo terzo disco e, ancora meglio del precedente, mostra di che pasta è fatta la cantautrice. La produzione, costruita in modo perfetto attorno alle sue ballate scarne, è di Gurf Morlix e Mary chiude il cerchio sulla sua visuale funerea della vita. Non per nulla il perno centrale del disco è la straordinaria Sugar Cane che prende il nome dalla sua città natale, dalla vita priva di stimoli e di interessi che la condiziona, dalla fatalità che deriva dal vivere in quel luogo: "Vedo la condizione umana sempre ai margini, che arriva dal fatto che ognuno di noi sa che ogni giorno potrebbe essere l'ultimo".
Asciutto ed intenso, Filth & Fire continua la saga di questa straordinaria autrice, tanto forbita nelle sue liriche che potrebbe tranquillamente trasformarsi in una scrittrice. La forza e la bellezza di Sugar Cane, una ballata tesa e dentro alla tradizione come poche, sono solo la punta dell'iceberg di un disco che ha moltissime frecce al suo arco. Dall'elettrica Walk Thru Fire alla malinconica country ballad Long Way to Fall che in poco più di quattro minuti racchiude la storia della musica country e delle murder ballads. Storie nere, racconti a fondo amaro, in cui la vita di ogni giorno viene rivista con pessimismo ed una musicalità fuori dal comune. Morlix ha lavorato bene, ha unito qualche strumento ed ha lasciato l'autrice libera di raccontare, dando ancora maggiore risalto alla voce alla musica. La bravura di Mary sta nel riflettere umanità anche in persone reiette e disperate.
Se Merry Go Round funge da ponte tra passato e presente, Goodbye sa quasi di liberazione, sia per la melodia fresca che per l'accompagnamento limpido, con il mandolino che affianca la voce personalissima dell'autrice. Una canzone che ha radici nelle antiche tradizioni folk. La storia di Camelot Motel sarebbe andata benissimo per Janis Joplin, con la sua atmosfera sospesa e quel cantato che sembra più un recitato. After You're Gone una country ballad di grande spessore, tempo lento ma incalzante, steel e chitarra in primo piano e la voce che sembra uscita da una delle storiche sessioni che Owen Bradley era solito registrare al Barn nei primi sessanta. On The Ledge è tesa ed elettrica, notturna e pessimista. Xmas in Paradise inizia come una canzone di John Prine, una storia natalizia in versione hard boiled, dal tema melodico puro e lineare ma dai contorni funerei: bella la trovata delle steel drums che segnano la canzone con una nenia natalizia. For Rose, semplice e ben costruita, e la finale Sun Fades the Color portano a termine un disco di grande qualità.