CHRIS ISAAK (San Francisco Days)
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  Recensione del  30/01/2004
    

Dopo due anni di silenzio compare all'orizzonte discografico il nuovo album di Chris Isaak; questo lungo periodo è servito a ponderare bene le scelte musicali che cercheranno di bissare il successo internazionale di «Wicked Game», brano già presente nell'ultimo lavoro del cantante col ciuffo. Questo nuovo disco, che ricorda vagamente nel titolo un grande successo degli Animals di Enrico Burdon, ha la stessa forza delle precedenti registrazioni di Chris?
La risposta è parzialmente negativa. Oggi Isaak ricorda il personaggio dei fumetti Lucky Luke, il veloce pistolero del West, che al termine di ogni avventura si allontana, a cavallo di un cavai, intonando la sua sigla di chiusura: «I'm a poor lonesome cowboy and a long long way from nome...». La tenebrosa bellezza del musicista finché veniva espressa attraverso la musica mi riferisco ai primi due album, «Silverstone» e, specialmente il «verde» «Chris Isaak», aveva una sua caratteristica, ora dopo il mortale abbraccio hollywoodiano - Isaak ha interpretato brevi caratterizzazioni in «Married to the mob» (Una vedova molto allegra) e «Il silenzio degli innocenti» - sembra che il suo personaggio sia costruito da uno scadente sceneggiatore.
Ed è un peccato, ed anche «San Francisco Days» lo dimostra, perché se il musicista riesca a togliersi il narcisismo musicale che avvolge qualche suo brano, il risultato è mediamente buono. Chris può contare su una band molto affiatata che lo segue da più di un lustro, può vantare inoltre una calda voce impostata i che fa vibrare i cuori e qui gli l ascolti dei classici Roy Orbison, Elvis in versione fatale e dell'indimenticato Marty Robbins, suoi idoli giovanili, si fanno sentire.