JOE HENRY (Trampoline)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  30/01/2004
    

C'era molta attesa per questo nuovo album di Joe Henry uno degli artisti più amati dai lettori del Buscadero e il ragas, (disco dopo disco, continua la sua evoluzione musicale staccandosi dagli scolastici songwriters per mirare più in alto. "Trampoline" è un ottimo album che conferma le caratteristiche positive che già conoscevamo : buona interpretazione, voce calda e intensa, grande capacità di scrittura ed evidenziare ancora di più la crescita di questo musicista.
Prima di tutto Joe ha abbandonato i riferimenti musicali che nei primi album ogni tanto facevano capolino in qualche suo brano : non più echi momsomani, influenze dylaniane ed altre meraviglie, ora il ragazzo corre con le proprie gambe, e questo è altamente positivo. E' terminata la stagione dei modelli a cui ispirarsi ad una certa età è bene muoversi verso una direzione incognita e controversa piuttosto che cercare ispirazione nel passato.
Punto numero due : l'evoluzione artistica si manifesta anche in sala registrazione. Il suono di questo album è ricco di rumori, echi, campionamenti dosati, voci "misteriose" ed altro ancora : siamo distanti anni luce dal classico cantautore chitarra/organo/batteria, Joe pretende molto di più. Punto numero tre : tutto l'album si ascolta con estremo piacere un po' come capita per il recentissimo Cowboy Jukies che nel cuor mi stanno non ci sono cadute o ingenuità. Tutte le canzoni, grazie alla particolare cura negli arrangiamenti, facilitano il riascolto. E riascoltando i passaggi più ardui o le invenzioni stilistiche. Anche per "Trampoline" non si può parlare di mega produzione ma le idee, gli arrangiamenti musicali e la scelta degli strumenti denota accortezza e intelligenza.
Se si esclude la lenta "Medicine", una slow ballad forse eccessivamente monotona, tutti i brani meritano la citazione. Su tutte la splendida "I was a playboy" davvero un gioiello nel repertorio henriano. "I was a playboy/in love with the world/in love with angels/every stone was a pearl". Lenta ballata arricchita con giudizio da uno stuolo di archi e impreziosita dalla comparsa quasi magica di una tromba triste, davvero una grande canzone con un testo molto toccante. E ancora "Go with God (Topless shoeshine)" una simple song basata su pochi accordi di una chitarra allegra e da un drumming molto veloce che dona al brano ritmo e colore. "Go with God" confluisce poi, con un messaggio invero un po' infelice in "I was a playboy" ma questi sono peccati veniali.
Altro grande brano che dimostra come il nostro sappia ormai destreggiarsi con abilità in sala di registrazione è senz'altro "Flower girl", forse il capolavoro del disco. Brano al solito lento questa è la cadenza preferita dal nostro commovente, intenso. Al canto di Henry si associa in sottofondo la tonalità particolare di un soprano operistico e a questa voce "misteriosa" che pare provenire da altri mondi, fa eco l'inquietante presenza di rumori e suoni elementari che regalano alla canzone un sapore intimistico quasi esoterico. Per la cronaca segnaliamo anche "Ohio air show plane crash", brano ispirato alla disavventura - e chiamiamola così - corsa dall'artista uscito illeso da un grave incidente aereo.
Tutto l'album è pervaso da una pacata tranquillità ma la veste sonora delle canzoni è davvero ricca e originale. Auguriamoci che il disco contenga i testi delle canzoni perché alcuni brani, come l'iniziale "Bob and Ray", meriterebbero un approfondimento.