JOE HENRY (Short Man's Room)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  30/01/2004
    

Un altro piccolo, grande, disco. Piccolo perché il signor Joe Henry non è nessuno nell'ambito dello showbiz internazionale: grande perché «Short man 's room» è uno di quei prodotti che, in capo ad un anno, si contano sulla punta delle dita. Joe sa catturare la nostra emozione giocando sulla qualità del suo operato: liriche intelligenti, musica coinvolgente. Dylan e Morrison sono le sue fonti di ispirazione principali, Woody Guthrie e Ray Charles i modelli del passato da cui apprendere: il cinema e la letteratura il nutrimento interiore.
L'album nasce dalla collaborazione di Henry con una delle band più interessanti del momento: i Jayhawks. I ragazzi di Minneapolis, capitanati da Mark Olson e Gary Louris (dei quali attendiamo a giorni il terzo album), hanno capito la musica di Joe e «Shortman's room» ne esce arricchito da questa esperienza di gruppo. Un paio di anni assieme a suonare on the road, per migliorare il proprio affiatamento: a suonare «Shuffletown» sera dopo sera, a fare covers di classici come «Dark as a dungeon», a gettare assieme le fondamenta per il nuovo disco. «Short man 's room» è più folk rispetto al disco precedente: non c'è la produzione ricca di Burnett, non è il risultato di una session in studio, ma il prodotto di un gruppo di musicisti abituati a suonare assieme per diversi mesi.
Il violino ha un ruolo primario, la sezione ritmica si fa sentire, chitarre acustiche e mandolino sono spesso in evidenza. La vena di Joe è sempre molto malinconica: il suono notturno, spontaneo ed evocativo, è diretto ad una fascia di ascoltatori ben precisa. Qualche titolo. «Good fortune», subito trascinante; «King's highway» condizionata da una forte matrice folk con il violino che prevale; «Short man's room»,molto triste, sempre il violino protagonista: «The diving bell», folkeggiante ed amara; «Sault sainte Marie» più allegra, piena di speranza, un inno alla vita.
Un cenno a parte si merita «Last one out»: splendido brano dallo script decisamente dilaniano. I Jayhwaks ed il violino di Mike Russell sono i protagonisti marginali di una delle canzoni più belle di questo periodo.