L ultimo suo album
Dig All Night aveva in parte deluso perché troppo indulgente con le sonorità lucidate da classifica e perché faceva affiorare il dubbio di una sua abdicazione in favore di un rock troppo standardizzato. Ed invece eccoci qui, a due anni di distanza, a lodare l'imprevidibilità del rock, secondo solo al gioco del calcio nello scombussolare le carte in tavola e nel fare della sorpresa la somma delle virtù.
Live At Liberty Lunch il nuovo disco di
Joe Ely è un grande ritorno, dell'artista e del rock. Dalle parti del Sud era diverso tempo che qualcuno non suonava roba così forte ed intensa. Hot Stuff, come direbbero gli Stones, calda e con i giusti gradi.
Il whiskey e la tequila, le ballate crepuscolari e gli assoli tagliabudella, le senoritas vestite rosso sangue, il gioco del domino, Billy The Kid senza Pat Garrett, il rock'n'roll ed il blues, oltre allo scioglilingua di
Musta Notta Gotta Lotta, titolo di quel disco che, rappresentando a forti tinte urbane un Texas in trasformazione, è un po' il simbolo della musica di Ely, a metà tra praterie e città. Un live è spesso un momento particolarmente difficile nella vita di un musicista rock, una scelta per supplire ad una momentanea crisi ispirativa, un surplace per prendere tempo e riorganizzare le idee. Nonostante ci sia solo un pezzo dell'ultimo
Dig All Night è difficile credere che
Live At Liberty Lunch sia un lavoro di stasi e di parcheggio.
Dallo strepitoso inizio di
Me and Billy The Kid fino alla conclusiva
If You Were A Bluebird (di Butch Hancock) questi solchi hanno una forza straordinaria e mostrano un insieme al meglio delle possibilità. La voce di Ely, rabbiosa e poco disposta alle lamentele country, una band dura, essenziale, cattiva, che nell'ambito live acquista quella ruvidezza che mancava nel disco precedente, delle chitarre fameliche e struggenti, che viaggiano sui binari del capolavoro in almeno due pezzi,
Cool Rockin' Loretta e Letter To L.A. oltre all'entusiasmo di suonare in casa, davanti al pubblico di Austin. C'era stato un live nella carriera di Joe Ely:
Live Shorts nel 1980 coronava un periodo particolarmente brillante che seguiva alle "mascherate honky tonk" con il fisarmonicista Ponty Bone ed a una trionfale tournée in compagnia dei Clash. Su quelle tracce è rimasto il più sentito omaggio che un cow boy potesse fare al punk e al ritrovato rock'n'roll della fine '70.
Live at Liberty Lunch non gode della medesima simbologia, è meno appuntito e radicale ma più potente e desperado, zeppo, come al solito, di riferimenti al blues ed al country outlaw ma sostanzialmente, inequivocabilmente rock. La resa sonora del nuovo combo a quattro è perfetta e crea quel sound crudo che, da T-Bone Walker agli ZZTop, da Lee Clayton a Lyle Lovett, è la storia del rock texano. Jimmy Pettit al basso, Davis McLarty alla batteria ed il bravissimo David Grissom alla chitarra solista intelaiano un insieme di note e rumori che è un cazzotto sui denti, mentre la voce di Ely e i suoi accorati canti d'amore levigano la tensione regalando al disco la completezza dei grandi live.
Che poi sono spesso il riassunto di una vita artistica. Dal primissimo, omonimo
Joe Ely del 77 è tratto
If You Were A Bluebird, scritto da Butch Hancock, altro cantautore texano che con Jimmie Gilmore ha fornito parecchie canzoni al nostro. Da un altro album degli anni '70,
Down on the Drag, è estratto BBQ&Foam, mentre dagli splendidi
Musta Notta Gotta Lotta e Hi Res provengono la title track del primo,
Dallas,
Cool Rockin' Loretta e She Gotta Get The Gettin'. L'ultima produzione, ovvero
Lord Of The Highway (1987) e
Dig All Night è presente con
Are You Listening Lucky, Letter To L.A., Me And Billy The Kid, Row Of Dominoes e Grandfather Blues. Due gli inediti. Quello che dovete fare adesso è procurarvi il disco ed alzare il volume. Il vicino non ne avrà a male e voi vi metterete a suonare la chitarra.