Devo ammettervi che, pur essendo un ammiratore di
Joe Ely da lunga data, trovo che in
Dig All Night non tutto gira a pennello. È da parecchio che questo texano con la cravatta di cuoio insegue un disco, che in qualche modo, paghi la sua lealtà verso un rock vero e sanguigno, fondato sul passato e curioso del presente. Nel 1984, dopo cinque album di ottima fattura, c'era stato l'episodio discusso di
Hi Res, disco che faceva a meno della sua vecchia band e si appoggiava a giovani musicisti ed a una campionatura elettronica vicina all'eresia.
Eppure
Hi Res era ugualmente un disco di rock forte e umano oltreché coraggioso. Il coraggio non è mai mancato a Joe Ely, che in pieno punk, lui cowboy dei grandi spazi, aveva aperto le date di un tour inglese dei Clash. L'anno scorso, a tre anni da
Hi Res, il passaggio dalla MCA alla Hightone, l'etichetta di Robert Cray e del produttore Bruce Bromberg, Joe Ely era tornato sulla strada del rock outlaw: ballate romantiche e country-blues e rock'n'roll. Infiammato dal sax di
Bobby Keys, un veterano delle session con gli Stones.
Dig All Night di quel disco recupera solo la parte più 'hard', calcandola con una produzione che esalta il sound quasi da metallo dei riff di chitarra. C'è del rock sano e verace ma i 'ritornelli' sono ripetitivi e mettono in luce canzoni non brutte ma esili. In
Lord Of The Highway c'era più varietà, c'erano delle rock-ballad molto belle come
Letter To L.A. e il sound, con piano e sax, aveva una ampiezza gradevole.
In
Dig All Night si è optato per un quartetto monolitico e compatto gonfiando i muscoli a spese della tenerezza. Poco male. Non saremmo noi a dare contro questo fuorilegge sudista che ricarica di piombo le pistole e parte alla carica dell'etere. Buona fortuna, Joe. Ma se vuoi la verità i tuoi nuovi stivaletti di vernice proprio non mi piacciono. Ho nostalgia di quelli vecchi, impolverati e scrostati. Tanta nostalgia, Joe.