In una affollata conferenza stampa negli uffici di Manhattan di MTV,
Steve Earle presenta il suo ultimo lp
The Hard Way. Earle è un uomo esperto, e sa che cosa è necessario fare per ottimizzare uno sforzo promozionale. Non si tratta, infatti, solo di una conferenza stampa, ma di uno spettacolino live in cui Steve suona anche alcuni pezzi, il vecchio hit
Copperhead Road, il nuovo singolo
The Other Kind e Billy Austin, un brano che tratta eloquentemente della pena di morte, preceduto da un monologo che rende le idee politiche di Earle perfettamente chiare.
Non sono molti gli artisti che si espongono a cose di questo genere, ma Earle è fra questi. "
La pena di morte è un argomento che salta fuori sempre, quando sono in una stanza con almeno altre due o tre persone", dice Earle ridendo, la mattina dopo. "
Ecco perché ho suonato Nebraska di Bruce Springsteen dal vivo l'anno scorso. Billy Austin per me è una sorta di Nebraska più diretta, volevo fare sul tema una canzone tutta mia, con cui colpire la gente dritta alla testa. Ognuno di noi deve prendersi le sue responsabilità per quelli che vengono giustiziati, se qualche innocente venisse giustiziato per sbaglio ne saremmo tutti responsabili.
I pro-condanna a norte dicono che 25 innocenti sono stati uccisi per errore in novanta anni, e che non è una cattiva media. Forse si sentono impotenti e credono che se uno come Ted Bundy {un detenuto americano giustiziato recentemente, ndr.) viene condannato allora si sentiranno potenti, come se qualcuno stesse facendo qualcosa. Il problema è che i Ted Bundy sono in realtà una piccola percentuale della gente che finisce poi sulla sedia elettrica, perché in genere si tratta di poveri e non-bianchi. Io stesso sono quasi finito in prigione a Dallas — continua, riferendosi ad un incidente capitatogli a Capodanno del 1988, quando fu arrestato per aver attaccato fisicamente un poliziotto di Dallas (fu poi prosciolto) — e sarei in prigione ancora oggi se non avessi avuto dei soldi, ne sono certo. Ho dovuto spendere 50.000 dollari per uscirne, e ce l'ho fatta per un pelo.
La maggior parte della gente che aspetta di essere giustiziata in America non ha né mezzi, né influenza. Forse non c'è nessun innocente lì in mezzo, ma ciò non vuoi dire che non sia un sistema barbaro, e se poi ammazzi un innocente, come fai a tornare indietro?".
La tendenza di Earle a schierarsi dalla parte dei perdenti — i veri perdenti, inclusi quelli di cui non vi fidate neanche se gli date i soldi per comprarvi le sigarette, ma che hanno gli stessi sogni e gli stessi rimpianti che abbiamo noi — si percepisce chiaramente nei suoi quattro album per la MCA, che abbondano di racconti di bei tempi e brutte avventure in America. Combinando il tono agrodolce sulla vita e la morte del classico country e la naturale aggressività del rock'n'roll, Earle è diventato il primo vero tramite tra la musica stile Nashville e il pubblico più attento al rock.
E non si è trattato di certo di una battaglia facile, anche perché nei suoi racconti Earle ci mette tanto della sua vita pubblica e privata: ha avuto cinque mogli e quattro manager, e si è fatto più di un nemico nell'entourage della musica country, ma tutto si comprende dando un'occhiata alla sua storia di uomo. Steve Earle è cresciuto a Schertz, Texas, alla periferia di San Antonio, vivendo una irrequieta vita di piccola città che poi avrebbe fatto conoscere attraverso canzoni quali
Someday e No. 29. Se ne andò di casa a 16 anni diretto a Houston, dove fece conoscenza con il cantautore/eminenza grigia Townes Van Zandt che gli aprì la strada per suonare nei locali folk della città.
Nel 1974, già sposato a 19 anni, Earle si trasferì a Nashville, facendo vari lavori e cercando di registrare le sue canzoni. Elvis Presley ne voleva incidere una, ma non si fece vedere alla session, mentre Johnny Lee ebbe un grosso successo con un altro suo pezzo. "
Molte delle mie prime cose", ricorda, "
erano considerate estremiste per gli standard di Nashville, ma io cercavo più che altro di scrivere canzoni che altri interpretassero, quindi era più lavoro che arte". Dopo due anni nebulosi trascorsi aspettando tempi migliori in Messico, Earle tornò a Music City (Nashville) dove mise in piedi un trio rockabilly che fece uscire quattro fallimentari singoli per la Epic (più tardi la Epic pubblicò
Early Tracks, con materiale dell'epoca).
Dopo un breve flirt con la scena rock di Los Angeles, Earle firmò a Nashville, grazie all'esperto produttore Tony Brown, un contratto con la MCA e fece uscire due dischi,
Guitar Town del 1986, e
Exit O, dell'anno seguente. "
Guitar Town era come la mia ultima cartuccia per ottenere un contratto e anche la mia ultima speranza di diventare un artista", dichiara Earle.
"
Ero perfettamente conscio di questo durante la registrazione, e la tensione corre su ogni nota, ma sono contento di aver fatto il mio primo lp solo a 31 anni: se avessi iniziato prima, probabilmente sarei già morto. Non avrei mai potuto fare un album di quel livello se fossi stato più giovane: sapevo scrivere bene, ma avevo bisogno di fare un disco a modo mio, e non ne sono stato in grado fino a 31 anni".
Guitar Town e
Exit O (il secondo accreditato anche alla sua band del tempo,
The Dukes) ottennero grossi apprezzamenti da parte della critica rock, che all'epoca vedeva Earle come un neotradizionalista tipo Dwight Yoakam o Randy Travis (vedi articolo su MS 116), ma solo l'ambizioso
Copperhead Road, nel 1988, fece fare il salto di qualità a Earle, con la firma di un contratto per la MCA di New York, col risultato di approdare ad un pubblico più rock e di vendere 900.000 copie in tutto il mondo, anche se la sua musica scomparve dalla programmazione delle radio country. "
Con Guitar Town ero convinto di poter entrare nelle radio rock con una musica country/crossover, ma mi sbagliavo. Credevo che qualunque tipo di radio andasse bene, ma la MCA non la pensava così, non sono mai riuscito a convincere la MCA a portare i miei singoli alle radio country, anche ora non so se per il nuovo album lo hanno fatto. Non credo che siano i suoni di batteria o di chitarra che mi tengono fuori dalle radio country, ma quello che dicono le mie canzoni.
I promoter e i manager hanno paura della reazione di chi mette inserzioni pubblicitarie alla radio. Si innervosiscono quando sentono una canzone su un reduce del Vietnam che vive sulle colline e coltiva marijuana. Io non credo che Long Black Veil o I'm So Lonesome I Could Cry possano passare alle radio country, oggigiorno. Il problema è che una volta, mentre il pop non diceva niente, la musica country cercava di dire delle cose. La musica country ti faceva sapere che la gente vive, muore, si fa del male, divorzia e si da fregature. Oggi la musica country non ha più questo ruolo, ma sono certo che se ricominciasse ad averlo il pubblico lo accetterebbe. Il problema non è l'audience, perché la gente è molto più intelligente di quello che pensano le case discografiche".
E dopo
Copperhead Road arriviamo al presente,
The Hard Way, il più recente lp di Steve Earle. "
Le nuove canzoni parlano di me e del punto che ho raggiunto nella mia vita dopo l'uscita di Copperhead Road, e di come posso confrontarmi con una persona normale: ecco spiegata una canzone come Regular Guy.
Il tipo della canzone è Bubba, lo stesso di Good Ol' Boy e No. 29. Regular Guy vuole dare uno sguardo alla vita di Bubba ora che è passato attraverso l'era Reagan ed è molto disilluso su quello che ha davanti a sé. Exit O era quasi completamente scritto da un punto di vista non mio, ho dovuto scrivere I Ain't Never Satisfied, perché mi sono reso conto che avevo bisogno di qualcosa di più personale. Su questo disco ho avuto il problema opposto, così ho dovuto cercare una canzone che guardasse nella vita di Bubba. Non ho mai sostenuto di fare parte della working class, ma una delle principali ragioni per cui vivo ancora oggi in una cittadina poco fuori Nashville è che è più facile vivere una vita reale se ci si confronta con gente normale che deve lavorare per vivere.
La gente mi accetta come un normale cantante hillbilly e in un certo senso mi protegge, abitare lì non mi crea problemi. Certo, è importante vivere a contatto con altri artisti, ma se è tutto quel che conosci allora corri il rischio di perdere contatto con le cose che danno senso al tuo lavoro". Le canzoni
Promise You Anything e Esmeralda's Hollywood sono state composte da Earle insieme a Maria McKee, e avrebbero dovuto apparire sul primo lp solo della exLone Justice. "
Hanno sbagliato con Maria, l'hanno mandata a scrivere con troppa gente, lei si è ribellata e ha buttato via tutto il materiale all'ultimo minuto, prima di registrare l'album.
Poi, però, abbiamo iniziato a suonare Promise You Anything durante i sound-check del tour che abbiamo fatto con Dylan, e la canzone sembrava adattarsi perfettamente all'album. Questo lp esamina le parti di te stesso di cui sei fiero e anche quelle di cui non sei fiero, e questa canzone ne è un tipico esempio. Ne ho registrata anche una versione con Maria e la maniera in cui la canta lei è assolutamente spaventosa. Ho scritto tutti i testi di Esmeralda's Hollywood, ma ho lavorato all'idea insieme a Maria, visto che lei conosce molto bene Hollywood. Abbiamo attutato una casa a Los Angeles e io ho passato molto tempo a girare per i vicoli vicino allo studio con la mia moto.
Quella parte di L.A. è strana, perché è scintillante e liminosa di notte, ma poi la luce del sole ti mostra la sua decadenza. Hollywood è come Camelot: un breve attimo di splendore che inizia a svanire subito dopo. La canzone parla in parte di quello, ma in un'altra chiave di lettura, è solo una storia di fantasmi che si svolge a Hollywood".
Earle descrive
The Other Kind che apre
The Hard Way, e che è anche il primo singolo dell'album, come "
un discorso molto personale che ti mette in sintonia con l'album. Quando l'ho scritta avevo già tre o quattro canzoni, ma non ero ancora sicuro della direzione che l'album stava prendendo. Finito il tour con Dylan, mi sono seduto e questa è stata la prima cosa che ho scritto, allora ho capito dove stavo andando. Sono molto fiero di questo pezzo e se questo album andrà male credo che non dovrò biasimare nessun altro che me stesso, e se poi non diventerò più famoso di così, significa che doveva essere così, mi accontenterò di quello che ho".
Comunque vadano le cose, Earle ha intenzione di dedicare più tempo alla sua carriera di produttore; al momento sta lavorando con il nuovo gruppo hard rock di Nashville,
Guilt, da poco reclutato alla MCA dalla moglie, la talent scout Teresa Ensenat. E oltre a questo trova anche il tempo di redigere il suo libro, che ha scritto in maniera sporadica negli ultimi due anni. "
Sono al secondo capitolo", dice. "
Non mi sono dato una scadenza ma cercherò di terminarlo prima dell'uscita del prossimo album, anzi forse lo finirò prima della fine dell'anno ora che ho un word-processor".
Anche se è un po' un pesce fuor d'acqua nel piccolo mondo del country, Earle sostiene di non avere risentimenti nei confronti dell'establishment di Nashville. "
Io credo di avere fatto qualcosa per il country, ma loro non la vedono così. Non so se la comunità country mi considera ancora parte di sé, e non me ne importa un granché", conclude Earle. "
Possono dire quel che vogliono, ma io sono solo un cantante hillbilly con manie di grandezza".