Non si hanno molte notizie su questi
Dog's Eye View, anzi sono praticamente nulle a parte questo loro esordio edito di recente. Quindi l'unico modo per riempire il foglio bianco di chi sta recensendo è lavorare di fantasia. Usando questo metodo, all'ascolto di «
Happy Nowhere» si può tranquillamente immaginare che la band capitanata da
Peter Stuart provenga dalla provincia americana, quella di tanti stati dimenticati da Dio come il Missouri, il Nebraska, l'Illinois, l'Indiana, il Michigan o il Minnesota (e se fossero losangelini piuttosto che newyorkesi? Beh, allora vuoi dire che vanno contro corrente!).
Si, perché le peculiarità che li distinguono sono comuni a gente come i From Good Homes, i Jayhawks, Uncle Tupelo e limitrofi, Health & Happiness Show e Blue Mountain, ovvero un sound fiero che affonda in radici profonde e disilluse. L impostazione sonora è più tendente all'acustico che all'elettrico, anche se squarci adrenalinici in senso di potenza non mancano di lasciare il segno. Stuart mostra di avere delle qualità ben sviluppate in senso di scrittura musicale, a cui aggiunge una sicura e contagiosa interpretazione vocale che lo fa distinguere decisamente come frontman, seguendo la scia di uno Steve Wynn o di un Dan Stuart.
Da sottolineare che questo «
Happy Nowhere» ha subito un modo assai particolare di preparazione, sulla scia di un «
Running on Empty» di Jackson Browne: difatti qualche canzone è frutto di registrazioni effettuate in salotto, piuttosto che sulle scale o in cucina, che poi si sono andate ad affiancare a quelle elaborate regolarmente in studio (a Woodstock, New York per la precisione). Il risultato che questi
Dog's Eye View raggiungono, pur non sconvolgendo, è quanto mai di ottimo livello: brani dal passo lucido come «
Shine», «
Haywire» o la riuscita «
Bulletproof & Bleed».