COUNTING CROWS (Across a Wire - Live in New York)
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  Recensione del  30/01/2004
    

I Counting Crows di Adam Duritz si sono fatti notare nel 1994, in seguito al formidabile successo di Mr. Jones, una ballata di straordinaria intensità, tratta dal disco d'esordio August and Everything After ('93). Infatti il gruppo, formatosi a San Francisco all'inizio degli anni novanta, non esegue musica «da classifica» né di tendenza, ma si è creato un incredibile numero di proseliti grazie ad un suono decisamente tradizionale che fonda le sue radici nella musica di Van Morrison, The Band e R.E.M. I ragazzi, nell'estate del '94, hanno trovato un successo che andava oltre qualsiasi previsione, e questo ha influito non poco, in fatto di pressione e interessi congiunti, sul futuro del gruppo.
Ma Duritz, seppure con fatica, è riuscito a tirarsi fuori da questo pericoloso circolo chiuso ed ha portato la sua band attraverso sonorità sempre più tristi ed interiori, che sono diventate il marchio di fabbrica del gruppo. In poche parole i Counting Crows sono una band alternativa che fa della musica per gente a cui non piace la musica alternativa. La conferma è arrivata da Recovering the Satellites ('96), un album giudicato deludente in modo troppo affrettato, sopratutto perché non conteneva un altro hit delle proporzioni di Mr Jones. Poco male, il tempo ha lavorato per loro, e, come conferma questo doppio CD dal vivo (che viene venduto ad un prezzo molto conveniente), la band è in crescita.
Le due performances, una elettrica ed una acustica, mostrano la continua maturazione dei Crows che, inizialmente, sono stati accusati di fare degli shows copia carbone dei dischi in studio. Non ci sono suoni che escono dal classico trademark del gruppo, né strizzatine d'occhio alle classifiche: i Counting Crows suonano come una band anni settanta, hanno forti riferimenti anche ai sessanta, e fanno largo uso di strumenti "normali".
È pur vero che hanno avuto un ottimo maestro in T-Bone Burnett, che ha prodotto il disco d'esordio, ma, pur avendo toccato il cielo, non si sono montati la testa e non hanno dimenticato le proprie origini e le proprie radici. Intatti non si possono dimenticare brani come A Long December, Round Here, Rain King, Raining in Baltimore, Sullivan Street e Ghost Train dove viene alla luce una vena crepuscolare, piena di intensità, tutta giocata sulla voce e su pochi strumenti. Non sono ancora al top, ma potrebbero, con una maggior esperienza e qualche disco in più alle spalle, diventare tra i protagonisti della fine di questo millennio.
Questo doppio dal vivo, che la band regala ai propri fans proprio mentre è in studio per registrare il terzo lavoro, é la conferma di quanto scritto. I titoli delle canzoni sono già un programma, rievocano scene di vita vissuta, storie personali che però si possono adattare ad ognuno di noi: i Crows sono a cavallo della tigre ma non strizzano l'occhio alle classifiche e, in un momento come quello attuale in cui tutto è mercificabile, questo è un merito non comune. Infatti è più semplice essere puri quando si è ancora alle prime armi, quando si è ancora su una indie, quando i propri dischi sono conosciuti da pochi e si cerca di farsi conoscere da un pubblico più ampio, ma è molto difficile mantenere una linea, restare fuori dalla mischia, quando ci si trova in cima. Across A Wire - Live in New York è un doppio CD registrato dal vivo: il primo è elettrico ed è stato inciso nel corso di un show per MTV, Live at the 10 Spot, mentre il secondo è unplugged, quindi pressoché acustico, ed è stato registrato per la nuova trasmissione, sempre televisiva, diretta da Bill Flanagan, VH1 Storytellers.
L'album elettrico ha un suono duro e potente, con le chitarre che ruggiscono e le tastiere che creano un habitat perfetto per la voce particolare del leader: uno suono che però è talvolta troppo monotematico e ripetitivo. Il disco, molto lungo, contiene alcuni brani già ben noti ed altri meno importanti: su tutte una intensa versione di Round Here, che dura dieci minuti, brano sofferto ed interiore, che nella dimensione live acquista ancora più in carattere. Altre brani degni di nota Sullivan Street, una lunga Recovering the Satellites, la splendida A Long December, quindi Rain King, la malinconica Raining in Baltimore e la vigorosa Angels of the Silences. Musica piena di carattere suonata con trasporto e, anche se non tutte le canzoni sono qualità superiore, il disco riesce a catturare l'attenzione grazie ad una sua unitarietà di fondo.
L'album unplugged, più breve di quello elettrico, è la ciliegina sulla torta. Qui tutto funziona molto meglio, piano e fisarmonica sono i due strumenti guida, le chitarre elettriche non ruggiscono più e Duritz trova la collocazione perfetta per la sua voce autunnale. Il disco si apre con Round Here in versione totalmente opposta a quella elettrica: l'amosfera e più pacata, i toni si fanno più intensi e drammatici, la chitarra acustica riempie il background. Mr. Jones, in versione decisamente diversa dall'originale, rimane uno dei perni della performance, con la sua drammaticità e la tortuosa interiorità, tanto da superare anche l'arcinota studio version: una fisarmonica in stile musette accompagna la voce del nostro, mentre la melodia sgorga lentamente, ma in modo limpido.
Ma anche il resto della performance, da Have you Seen Me Lately? (bellissima, grazie al ritornello, ma anche all'uso del piano) a Angels of the Silences (come è diversa da quella dura dell'altro disco, con la fisarmonica che crea il suo tappeto docile dietro alle voci), da Catapult a Ghost Train è di qualità superiore.