JOHN COINMAN (The Man Called Someone)
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  Recensione del  30/01/2004
    

Nonostante l'Arizona sia uno degli stati con la più bassa percentuale di precipitazioni degli Stati Uniti e perciò prevalentemente desertico, Tucson ha una scena musicalmente fiorente. Dopo i ritmi travolgenti ed entusiasmanti dei Mollys, questa città di confine ci propone The man called someone, il nuovo disco di John J. Coinman, perfettamente calato nella cultura derivante dalla fusione di diverse componenti etniche del Southwest. John J. è un signor nessuno credo per la maggior parte di noi, e nonostante abbia raggiunto la maturità senza conquistare la fama, si dimostra un autore di tutto rispetto con un curriculum vitae invidiabile.
Supervisore delle musiche per il bellissimo Balla coi lupi, Coinman stringe amicizia con il bel Kevin Costner, il quale gli da una mano cantando nel disco Roving boy. L'intesa tra i due continua e Costner chiama nuovamente Coinman per The Postman, scegliendo alcune sue canzoni per la colonna sonora ed affidandogli un ruolo nel film peraltro snobbato da pubblico e critica, più propensi a valutare l'attore per le sue interpretazioni da damerino che per le sue coraggiose regie. Coinman rimane comunque attivo su diversi fronti, curando la parte musicale di alcuni spettacoli di Michael Blake, autore del libro Balla coi lupi, collaborando con l'ex batterista dei Doors John Densmore e regalando quattro canzoni a James Intveld per il suo nuovo album.
John J. Coinman è un figlio del deserto, uno storyteller di confine, che come le caparbie radici di un cactus, affonda le proprie riflessioni nel profondo dell'animo umano fino a portare in superficie l'essenza vitale dei sentimenti. J.J. è un autore di straordinaria intensità e profondità in grado di fondere folk, rock e country con la stessa poesia di Butch Hancock, con il sapiente equilibrio di Joe Ely ed il nostalgico lirismo del Bruce Cockburn di The charity of night.
La sua voce sabbiosa e malinconica tratteggia storie di vita vissuta a contatto con il silenzio delle steppe desertiche e la sua scrittura è piena di riferimenti alla propria terra: strade solitarie alla luce evanescente del tramonto, deli stellati, vecchi stivali che calciano la polvere, il mormorio del vento ed i fantasmi del deserto. Il produttore, l'ex chitarrista degli X Tony Gilkyson ha saputo conferire a The man called someone un suono scarno ed essenziale perfettamente in sintonia con le liriche introspettive del cantautore. La voce, l'armonica e l'acustica di Coinman sono protagonisti assoluti di tutto il lavoro ed in particolare di ballate solitarie ed introverse come I'm James Dean, celebrazione di un mito generazionale, Desperate man, Jenny I know you e Simple truth.
Old Town è una suggestiva cavalcata oltre il confine, un brano interpretato magistralmente ed arrangiato in modo sorprendente con le delicate melodie della Vera Cruz harp di Arturo Gerst a diffondere un vago profumo di tequila e tortillas. Meritano un attento ascolto anche la titletrack, sorta di «road song» con una limpida slide guitar decisamente cooderiana; l'intensa Great Divide scritta insieme a Kevin Costner, il country rock diretto di Heart of mine con Gilkyson all'elettrica e Stranger in this country, la cui strofa portante «sono uno straniero in questo paese chiamato me stesso», può essere considerata come la sintesi della poetica di questo ottimo compositore.